1917 recensione del film di Sam Mendes con George MacKay, Dean-Charles Chapman, Mark Strong, Andrew Scott, Richard Madden, Claire Duburcq, Colin Firth e Benedict Cumberbatch
Dopo essere stati appannaggio delle alte cariche dell’esercito nei primi anni del Novecento, nel 1917 il War Office britannico iniziò a dotare tutti i ranghi dell’esercito dei primi orologi da polso. Ogni secondo era importante al fronte, tanto in un’operazione di assalto quanto nel coordinamento dei turni di guardia notturni. Ogni soldato coinvolto possedeva, nascosto sotto il polsino della proprio uniforme militare, il tempo. Ognuno, paradossalmente, poteva sapere il momento preciso in cui avrebbe guardato in faccia la morte.
Sam Mendes è partito da qui, dal suo orologio personale. La necessità di collocare nel tempo i racconti nebulosi di un nonno che ha servito tra le fila dell’esercito britannico ha richiesto una meticolosa indagine sul momento in cui hanno avuto luogo. Se da un lato gli estremi e gli eventi salienti sono ormai di pubblico dominio, chi li ha sperimentati sulla propria carne? Come si presentava la prima guerra su scala mondiale che avrebbe dovuto mettere fine a tutte le guerre?
La missione affidata al caporale Schofield (George MacKay) e al caporale Blake (Dean-Charles Chapman) è un compendio visivo dell’aria respirata al culmine della Grande Guerra. L’illusione del piano sequenza che li accompagna nel disperato tentativo di evitare un’offensiva che porterebbe all’inutile sacrificio di una grossa fetta del contingente britannico è l’invito esclusivo del regista e del leggendario direttore della fotografia Roger Deakins a partecipare al micidiale caos del fronte assaporando il conflitto. Nella desolazione del campo di battaglia, nelle angustie della trincea, nel territorio del nemico, l’immagine si fa tremendamente viva e la sua composizione estremamente densa.
Non è soltanto questione di accuratezza o di caccia al particolare: dove non arriva la documentazione storica o l’incredibile lavoro in sede di preparazione del set, arriva la finzione cinematografica a riempire l’inquadratura. È il senso della misura di Mendes a rendere 1917 qualcosa di estremamente simile a un capolavoro. La continua ricerca visiva viene puntellata di personaggi capaci di dare un peso specifico alla storia nello spazio di una manciata di battute, il tempo strettamente necessario. E’ in questo senso che Colin Firth e Benedict Cumberbatch entrano ed escono in scena in un amen, come d’altronde nessun volto si manifesta per più di una scena. Non c’è risparmio, non c’è abuso, c’è soltanto la necessità di mantenere efficace il dosaggio del film.
L’interazione tra cast, set e operatori è magnifica, la sensazione è quella di essere a teatro per assistere ad un’opera lugubre, costellata di cadaveri, fango ed esplosioni che si svolge intorno alle poltrone degli spettatori. Il tempo della guerra si mescola al tempo del cinema per due ore che improvvisamente ne racchiudono più o meno ventiquattro. L’orologio da polso, nel travagliato tragitto verso i boschi di Croisilles si è rotto, ma non è un problema perchè stavolta l’importante è rimanere vivi un altro giorno ancora per poterlo raccontare.
1917 ha ricevuto 11 nomination agli Oscars 2020, tra cui miglior Regia e miglior Film, oltre ad essersi aggiudicato due Golden Globes a fronte di tre nomination per il miglior Film e il miglior Regista.