1982 recensione in anteprima del film diretto da Oualid Mouaness con Nadine Labaki, Mohamad Dalli, Rodrigue Sleiman, Aliya Khalidi e Gia Madi presentato alla Festa del Cinema di Roma
Si può essere allo stesso tempo bambini e adulti? Istintivamente risponderemmo di no, l’infanzia è la finestra in cui i bambini prendono lentamente coscienza del mondo in cui sono stati generati in un processo di continua scoperta con tempi abbastanza lunghi.
Anche se tendenziosa e soggetta a mille variabili, questa è la classica risposta occidentale scaturita da una visione del mondo limitata ad una parte del globo terrestre, che tende in maniera insopportabile ad essere generalizzata e universalizzata. Il regista Oualid Mouaness lo mette in chiaro in maniera decisa ma silenziosa, senza proclami o didascalie, ma semplicemente facendo emergere un ricordo della sua infanzia in Libano.
1982, presentato alla Festa del Cinema di Roma è infatti l’anno in cui lui stesso frequentava l’ultimo anno delle scuole elementari in struttura di tradizione cattolica prima dell’invasione israeliana a Beirut e che diventa l’occasione per puntare di nuovo i riflettori su uno status quo spesso considerato ormai una normalità.
Non ci sono telefonini, Internet è ancora una curiosa parola straniera e per corteggiare una ragazza si utilizzano ancora biglietti anonimi nascosti negli armadietti della propria classe, nonostante sia pericoloso per la pubblica morale. E’ quello che fa il piccolo Wissam (Mohamad Dalli) per cercare di conquistare e dichiararsi all’intelligente e riservata Joanna (Gia Madi) mentre intorno si respira il clima di una guerra imminente, annunciato da esplosioni e tremolii delle stesse immagini.
L’aspetto più inquietante di questo film sta nella sconcertante autenticità con cui è girato. Il ricordo del regista è la capsula di Petri in cui viene coltivato un paradosso ingombrante. Gli esami dei bambini per il conseguimento del diploma si alternano agli aerei che sfrecciano e combattono nel cielo, la maestra Yasmine (Nadine Labaki) cerca di far concentrare i suoi alunni sui propri test mentre è assalita da una paura tremenda. Come ci si può sentir dire da un bambino di tenere le finestre aperte in caso di bombardamento per evitare che si frantumino? Si può parlare di normalità?
L’unica speranza che arriva da questi bambini – adulti, come del resto è stato Mouaness, sono il sogno e la fantasia, che intervengono sulla realtà drammatica delle cose per sistemare tutto e colorare una vita che è spesso inondata di fumo e macerie. Tigron, il robot disegnato da Wissam che appare in grafica alla fine del film ispirato a Goldrake, è la boccata d’aria per essere sicuri che andrà tutto bene nonostante tutto e ricordare che il sogno di qualcuno nel mondo è ancora semplicemente la normalità, spesso scontata, ma per cui si lotta anche da quando si viene messi al mondo.