1997: Fuga da New York recensione del film di John Carpenter con Kurt Russell, Lee Van Cleef, Ernest Borgnine, Donald Pleasence e Harry Dean Stanton
Si sa, il modo migliore per riflettere sul presente è mettere in scena il futuro.
Lo sa bene John Carpenter che nel 1981 dirige un film destinato ad entrare di diritto nella cultura di massa, 1997: Fuga da New York.
Carpenter ambienta il suo racconto in una New York del futuro ormai diventata un enorme prigione a cielo aperto in cui se entri non esci mai più. Il regista di Halloween catapulta lo spettatore nella città simbolo degli Stati Uniti diventata ormai putrida e colma di reietti in cui l’unica legge che conta è quella del mors tua vita mea; Carpenter svolge un attento e preciso lavoro proprio nel rendere credibile tutto l’ambiente in cui si muove il protagonista, il mitico Jena Plissken (Kurt Russell). Per farlo ambienta quasi tutto il film in notturna e riesce a tenere lo spettatore in costante tensione, ogni angolo della città costituisce un ipotetico pericolo per Jena e tra una soggettiva ben studiata ed una colonna sonora composta dallo stesso Carpenter il film non annoia mai, in un ottimo mix di azione, western e commedia.
Come ha sempre fatto nella sua grande carriera il regista usa il cinema di genere per lanciare sottotraccia messaggi sociali che rendono davvero di spessore il film: non può essere casuale la scelta di New York che se negli anni ’80 era considerata la metropoli per eccellenza, qui è il simbolo della decadenza americana, in cui l’unica cosa che unisce tutti è la violenza. Proprio la violenza è un elemento cardine del film, che fin dall’incipit viene perpetrata in primis dallo stato, oltre che dai criminali abbandonati come animali. Carpenter prova più simpatia per questi ultimi e ci fa entrare nel loro mondo attraverso colui che è una sorta di eroe dei due mondi.
L’eroe è naturalmente Jena Plissken, che in lingua originale si chiama Snake e più che un eroe è un antieroe: egli è cinico e freddo come l’intero sistema che lo circonda. Jena Plissken è davvero l’antieroe dei due mondi, prima di diventare un criminale era un eroe di guerra e infatti se dentro la prigione è trattato con rispetto ed è conosciuto da tutti, al contrario lo stato e il mondo militare lo guardano con occhi pieni di odio. Carpenter confeziona su misura un personaggio perfettamente interpretato da Kurt Russell che al contrario di molti eroi action che popolano gli schermi degli anni ’80 non combatte per altruismo o per eroismo ma per puro istinto di sopravvivenza.
“Presidente di che?” è la famosa battuta dopo che gli viene detto che la sua missione sarà quella di recuperare sia il Presidente degli Stati Uniti sia un importante nastro che il Presidente tiene con sé; una frase semplice ma che lascia intendere la totale sfiducia e il totale disinteresse che il nostro protagonista porta verso la società. Come il film stesso, superficialmente sembra un duro con poco da dire, ma dietro quella corazza e quella benda nera c’è un forte nichilismo dato dall’assenza di fiducia verso il sistema e i suoi valori.
1997: Fuga da New York non è solo uno dei migliori film di John Carpenter, è una grande e profonda riflessione sulla società statunitense che non dimentica di far divertire ed emozionare lo spettatore.
Andrea P.