50 anni dallo sbarco sulla Luna: celebriamo il cinquantesimo anniversario dell’allunaggio attraverso i film dedicati all’atterraggio dell’Apollo 11 sulla Luna
Con l’avvicinarsi del 20 luglio, cinquantesimo anniversario dell’atterraggio dell’Apollo 11, tornano facilmente alla mente i numerosi film dedicati, nel corso degli anni, alla corsa allo spazio. La conquista della Luna, uno dei tanti “punti d’orgoglio” che il popolo americano ha e continua a nutrire, fu il punto di arrivo di un quindicennio di ricerche, fallimenti e studi portati avanti in parallelo dagli scienziati americani e dai loro colleghi sovietici. Non è un caso che Hollywood si sia a più riprese impegnata a raccontare le storie degli astronauti e dei loro viaggi, a partire almeno dall’acclamato Uomini veri (The Right Stuff, 1983) di Philip Kaufman, lungo racconto delle imprese che portarono al superamento del muro del suono e ai primi voli di astronauti americani nello spazio con protagonisti Chuck Yeager (interpretato da Sam Shepard), Alan Shepard (Scott Glenn) e John Glenn (Ed Harris).
Sarà tuttavia negli Anni Novanta che raggiunse le sale la più importante pellicola sulla NASA, Apollo 13 di Ron Howard, che narra le vicende della terza missione americana destinata a raggiungere la Luna nel luglio 1970. Una volta iniziato, dopo grandi preparativi, il volo, l’equipaggio, composto dal capitano Jim Lovell (qui interpretato da Tom Hanks reduce dal doppio Oscar), Jack Swigert (Kevin Bacon) e Fred Haise (Bill Paxton), si viene a trovare in pericolo di vita quando durante il viaggio di andata esplodono i serbatoi d’ossigeno della navicella, rendendo impossibile l’allunaggio; tutta la NASA si deve mobilitare per salvare i tre astronauti e il direttore di volo Gene Kranz (di nuovo Ed Harris!) riuscirà faticosamente a trasformare l’incidente agli occhi dell’opinione pubblica come un “fantastico fallimento”. È a questo film, nominato in diverse categorie degli Oscar e vincitore della statuetta per il miglior montaggio e il miglior sonoro, che si deve la celebrità della frase “Houston, abbiamo un problema” (“Houston, we have had a problem”), con cui gli astronauti avvisarono il controllo missione dell’avaria. Degno di nota anche Il diritto di contare (Hidden Figures), racial drama del 2016 candidato a tre premi Oscar e incentrato su tre scienziate nere che lottarono per poter lavorare alla NASA alla pari degli altri colleghi; nel cast Octavia Spencer e Kevin Costner.
Per la ricorrenza imminente il film più interessante è però First Man – Il primo uomo (First Man) di Damien Chazelle, film d’apertura della Mostra del Cinema di Venezia del 2018. First Man più che un film sulla NASA è innanzitutto un biopic, interessanto a raccontare alcune vicende della vita di Neil Armstrong che hanno preceduto (e messo a rischio) il suo arrivo sulla Luna e quel “piccolo passo per l’uomo” tanto grande per l’umanità. È Ryan Gosling, in un’interpretazione eccellente, a impersonare il primo uomo che mise piede sul nostro satellite, un altro dei personaggi introversi e tormentati che tanto gli si addicono almeno dai tempi di Drive: prima di arrivare alla sequenza finale di Armstrong sulla Luna, si racconta della morte della figlia Karen, portata via da un cancro all’età di tre anni; dell’incidente dell’Apollo 1, tragico test di volo in cui persero la vita i primi candidati per la missione sulla Luna, fra cui Ed White (Jason Clarke), il migliore amico di Neil; del rapporto fra l’astronauta e la moglie Janet (Claire Foy), che decide di seguire Armstrong assieme ai figli rimasti nei vari trasferimenti resi necessari dal lavoro alla NASA. Molto interessante la parentesi che Chazelle si prende per raccontare delle polemiche che accompagnavano i test della NASA, ricreando le manifestazioni in cui alcuni americani lamentavano la grande attenzione data dal governo circa la missione sulla Luna e la poca importanza accordata a problemi più urgenti quali la fame nel Terzo Mondo o la discriminazione razziale.
Benché First Man possa vantare di una regia eccellente (Chazelle con il precedente La La Land era diventato il più giovane vincitore dell’Oscar per il miglior regista), non si riesce a vedere il film (a pari del suo predecessore Apollo 13) come un’opera narrativamente riuscita fino in fondo. Sia in First Man – Il primo uomo che in Apollo 13 possiamo vedere una buona se non ottima regia, intense performance degli attori, sia fra quanti partono per lo spazio che fra quanti e quante restano a terra, scenografia accurata, rappresentazione piuttosto fedele degli eventi; quello che manca è una narrazione accattivante, che sappia coinvolgere pienamente lo spettatore. Soprattutto nel caso del biopic su Neil Armstrong la conclusione è conosciuta da tutti: grazie al particolare sguardo assunto da Chazelle e dallo sceneggiatore premio Oscar Josh Singer non mancano momenti drammatici, ma i vari punti di forza del film lo rendono a tratti simile a un’auto di marca il cui motore funziona a scatti. Vedendo più volte Apollo 13, e avendo assistito alla prima di First Man a Venezia 75, mi sembra insomma che sia mancata quella tensione continua che, pur senza sfociare nella suspense in senso stretto, dovrebbe accompagnare film di questo genere e con un pubblico ad ampio raggio.
Dall’altro lato, è apprezzabile notare come in questi film, da Uomini veri a First Man – Il primo uomo passando per Apollo 13, la quantità di “retorica americana” sia venuta via via scemando. Apollo 13 forse restava in parte ancorato allo stereotipo dell’eroe americano; ma quanto più si è imposta una nuova sensibilità (e, allo stesso tempo, i mercati stranieri si sono ampliati), le sceneggiature dei film sulla NASA sono diventate più mature. In America al momento della presentazione e dell’uscita delle sale di First Man ha fatto scandalo l’omissione di una scena in cui Armstrong piantasse assieme a Buzz Aldrin la bandiera americana; benché la bandiera sia comunque mostrata stagliarsi sulla superficie lunare, questa scelta registica ha provocato la condanna del presidente Trump in persona. La scelta di Chazelle di uno sguardo più personale sull’allunaggio e sul suo eroe non era priva di un certo guizzo autoriale; ma alla fine neanche il pubblico ha premiato particolarmente il film a livello di incassi.
In questi giorni in cui l’allunaggio torna ad essere materia di discussione non solo per i complottisti, questa significativa manciata di film incarna bene lo spirito del momento. Tuttavia sono stati principalmente i film di pura fantascienza a rappresentare al meglio la magia (e i pericoli) dell’esplorazione spaziale; anticiparono l’allunaggio e anche i viaggi verso Marte e oltre – 2001: Odissea nello Spazio di Kubrick arrivò nelle sale appena un anno prima del lancio dell’Apollo 11 – e ancora adesso continuano ad affascinarci e a portare la nostra immaginazione al di là del mondo che conosciamo. E le prossime generazioni di astronauti, quelli che effettivamente poggeranno i piedi su Marte, saranno più spesso ispirate dalla fantascienza che da questi film storici, o, più banalmente, dalla semplice e magica vista del cielo.
A proposito di film di fantascienza, Ad Astra, il nuovo film di James Gray con Brad Pitt, Donald Sutherland, Tommy Lee Jones e Liv Tyler, distribuito da 20th Century Fox a partire dal 26 settembre, celebra il 20 luglio 1969 e l’arrivo dell’uomo sulla Luna con un bel video che ripercorre le emozioni che ha suscitato l’allunaggio in generazioni diverse:
Ludovico