Il mangiatore di pietre recensione del film di Nicola Bellucci con Luigi Lo Cascio, Vincenzo Crea, Bruno Todeschini, Ursina Lardi e Leonardo Nigro
La trama noir de Il mangiatore di pietre è solo l’input di una vera e propria mappa relazionale: una storia di vita, di sventura, un campo di battaglia senza vinti nè vincitori ma con un solo e unico condottiero, Cesare (Luigi Lo Cascio), un passeur francese pronto a poggiare le sue mani sulla maestosa montagna e ad attraversarla, perché più si arrampica e più forte si sente, e sempre più importante diventa il passaggio oltre il confine.
Questa è l’essenza della storia di un uomo che rappresenta una roccia tra le rocce a cui si aggrappa e che attraversa tante e tante volte fino a che non incontrerà se stesso: il suo dolore negli occhi dei migranti clandestini che aiuta dicendo loro che non ha mai lasciato indietro nessuno.
Incontrerà il suo modo di stare al mondo negli occhi del giovane Sergio (Vincenzo Crea) cui vuole trasmettere il valore del giusto perchè scegliere ciò che è giusto può avere un costo inestimabile quanto la vita. Sergio ritroverà inoltre il suo cuore negli occhi di un’altra donna, la commissaria forte e fragile interpretata da Ursina Lardi.
Sembra facile scegliere, ma il silenzio e i segreti sono figli della montagna. Il finale è di ogni singolo spettatore. “Nessuno può tornare indietro e ricominciare da capo, ma chiunque può andare avanti e decidere il finale.” (Karl Barth)
Angela