Willow recensione del film di Milcho Manchevski con Sara Klimoska, Natalija Teodosieva, Kamka Tocinovski, Nenad Nacev e Nikola Risteski presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma
Tre donne macedoni reagiscono al controllo sui loro corpi, sulla propria cultura e sulle proprie tradizioni. Non sono partite con l’intenzione di cambiare il mondo, ma i loro sforzi per diventare madri le ha rese eroine improbabili. Tre storie ambientate in Macedonia – una medievale, due invece ambientate nella contemporaneità – esplorano temi come l’amore, la fiducia e la maternità.
Milčo Mančevski è tornato. 25 anni dopo aver trionfato a Venezia con la sua opera prima Prima della pioggia, il regista macedone sceglie l’Italia e la Festa del Cinema di Roma per presentare al grande pubblico il suo Willow (Vrba) e la sua personalissima visione della Macedonia. In tre storie legate tematicamente tra di loro, il regista infatti ripercorre le tappe di una cultura nazionale attraverso storie personali, cercando di cristallizzare in segmenti narrativi i momenti in cui si avvertono delle inversioni di tendenza rispetto all’ordine costituito.
La premessa che le muove è universale: il desiderio di maternità che non può essere soddisfatto. La forza erosiva dell’istinto materno è il salice indicato nel titolo del film, il simbolo di una resistenza difficilmente sradicabile a causa della volontà adamantina delle donne protagoniste. Il cerchio tracciato dal regista macedone è volutamente non preciso, non si chiude con lo svolgimento delle singole narrazioni nonostante i punti di contatto accennati, ma è la cornice grezza in cui mostrare le ramificazioni che si generano di fronte al dolore.
Se infatti il salice è la pianta che tutti conosciamo per la capacità di resistere alla flessione senza provocare la rottura dei suoi rami, le donne-salici di Mančevski rappresentano i diversi esiti dell’elaborazione del dolore fisico e psicologico che proviene dalla realtà di cui si fa tesoro in ogni situazione che si presente successivamente.
Anche in Willow, quindi, vale il paradigma di Prima della pioggia: il tempo non muore mai e il cerchio non è rotondo. A noi che guardiamo il compito di ri-scoprirlo in ogni storia.