The Grudge recensione film di Nicolas Pesce con Andrea Riseborough, Betty Gilpin, Demián Bichir, John Cho, Lin Shaye e Jacki Weaver
Per tutta la durata del film, è impossibile non chiedersi cosa spinga una produzione ad investire in un progetto come The Grudge. Attenzione, non è un discorso di genere e nemmeno un discorso di cifre immesse nel progetto, quanto una questione di lucidità. Ha senso realizzare il reboot del remake americano di un film a basso costo giapponese uscito solo in home video esattamente vent’anni?
Giuseppe Giacosa ci ha scritto più di un secolo fa una commedia al riguardo – Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova – forse sconosciuta ai più, ma il cui titolo è entrato a far parte della cultura popolare a gamba tesa. Non c’è sintesi migliore o più esaustiva che spieghi come ci sia bisogno di spremere fino al midollo formule e modelli redditizi del passato per permettersi poi di lanciare progetti nuovi, intriganti e originali ma inevitabilmente rischiosi.
Non bastano premesse e promesse di nuova linfa. In cabina di regia c’è infatti Nicolas Pesce, che aveva fatto “luccicare” gli occhi degli appassionati horror con il fresco The Eyes of My Mother girato in bianco e nero. Dietro le quinte Sam Raimi, certo non l’ultimo degli stolti. Sullo schermo, un cast non di prim’ordine ma con la sensazione di aver visto qualcuno in qualche altro film o serie televisiva (Andrea Riseborough, Betty Gilpin). Se non si tratta di ingredienti di prim’ordine, ci sarebbe comunque tutto l’occorrente per un film godibile e credibile.
Quello che invece viene presentato in sala è l’esatto contrario. La sensazione è quella di dover imbastire una storia che riempia i vuoti tra le presunte scene inquietanti, che oltre a risultare fredde peccano di originalità: il fantasma riflesso nello specchio, quello che luccica nel buio e scompare non appena si accendono le luci e donne spettrali con lunghi capelli a nascondere il loro volto. Nessun guizzo creativo, nessuna dose di sano spavento per qualcosa di realisticamente terribile.
Forse per una volta sarebbe stato bene lasciare in pace i morti, gli spiriti e le case maledette in attesa di un visione sul tema meno convenzionale, senza infestare la sala con un prodotto destinato soltanto a racimolare più soldi possibili e a scontentare lo spettatore.