Howard: la vita, le parole recensione del documentario Disney+ su Howard Ashman diretto da Don Hahn con interviste ad Alan Menken, Bill Lauch, Jodi Benson, Paige O’Hara e Sarah Gillespie
Con la regia di Don Hahn e i tanti racconti di persone che hanno fatto la storia dei Walt Disney Animation Studios e non, Disney+ ci regala un documentario sulla vita di Howard Ashman che racconta, non solo la storia di un grande artista, ma anche e soprattutto di quanto cruciale sia stata la sua influenza su uno dei momenti più rivoluzionari della storia degli Studios.
Raccontarvi la storia di Howard Ashman per parlarvi del documentario potrebbe togliervi parte della curiosità. Ci limiteremo quindi a dirvi che Howard Ashman è stato un paroliere, ma anche uno sceneggiatore e un regista celebre, prima ancora che per la sua collaborazione con Disney, per alcuni lavori a Broadway. Su tutti, il più celebre, è La piccola bottega degli orrori. Il successo di questo musical fu talmente ampio che ne venne poi fatta una trasposizione cinematografica oggi considerata di culto.
Autore dei testi per le canzoni de La Sirenetta, Aladdin e La Bella e la Bestia, Howard Ashman è stato molto più di un semplice paroliere tra la fine degli ’80 e i primissimi Anni ’90. Le sue idee e la sua sensibilità, a volte (per non dire spesso) in contrasto anche con i piani più alti degli Studios, hanno rivoluzionato la struttura dei lungometraggi Disney rendendo lo stile “musical”, nato negli Anni ’30 per dare ritmo alla narrazione, qualcosa di completamente nuovo e che ancora oggi caratterizza i lavori della casa del topo più famoso del mondo.
Howard: la vita, le parole: la recensione
Non è facile parlare di un documentario biografico come questo. La storia di Howard Ashman, morto di AIDS poco prima dell’uscita in sala de La Bella e la Bestia, si presta moltissimo a toni toccanti, quasi drammatici, ma Don Hahn (già regista di diversi documentari sulla storia dell’animazione Disney) riesce a trovare un equilibrio perfetto e a non scadere mai nel melenso.
La narrazione è affidata alla voce fuori campo di amici, parenti e colleghi che si alternano durante lo scorrere delle immagini, per lo più foto, che ci mostrano i momenti importanti e le persone importanti della vita di Ashman. Spesso è lo stesso Ashman a raccontarsi: attraverso frammenti di conversazioni private o di interviste rilasciate per la presentazione di un musical o di un film d’animazione.
Fra i tanti narratori di questo documentario vale la pena menzionare il suo grande amico e collega Alan Menken, con il quale hanno lavorato non solo alla Disney, ma anche nel periodo newyorkese inseguendo il sogno di Broadway. Oltre a Menken, va ricordata la presenza di Peter Schneider e Jeffrey Katzenberg, due delle figure più importanti di quel rinascimento Disney di cui Ashman ha fatto parte da protagonista.
Il ritmo della narrazione può non essere incalzante, ma non è neanche fiacco: con una certa eleganza, Don Hahn ci restituisce un’immagine assai accurata di Ashman rendendo perfettamente visibili e udibili tutte le sfaccettature di un uomo dal carattere complesso, spesso difficile da comprendere, ma con una sensibilità ed una profondità tipiche solo dei grandi artisti.
Perché è importante conoscere Ashman
Si tende a sottovalutare il lavoro che c’è dietro un film d’animazione, soprattutto quando a produrli sono nomi altisonanti come Disney. Sin dai primi Anni ’30 la genialità imprenditoriale di Walt Disney ha portato a identificare nella sua figura il lavoro di migliaia di persone e, dopo la sua morte, nell’azienda. Quante volte in questi anni abbiamo detto o sentito dire de “La Disney” come se si stesse parlando di un’entità che possiede una vita propria e una coscienza?
Sia chiara una cosa però: questa è stata una delle chiavi del successo della Walt Disney Company e dei Walt Disney Animation Studios, è innegabile. È la stessa Disney (ipse dixit!) però ad aver compreso, alla fine degli Anni ’80, che non bisogna dimenticare le individualità che le hanno permesso di creare quell’impero che oggi è. Nascono così documentari come Frank and Ollie, Il risveglio della magia, The Boys e adesso anche Howard: la vita, le parole.
La storia di Howard Ashman, infatti, non è solo la storia di un ragazzino di Baltimora che sognava di diventare regista e scrittore a Broadway e che arriva a New York negli Anni ’70 dove conosce successi e fallimenti, l’amore e la malattia. Una storia certamente toccante, ma come tantissime altre che in questi anni siamo stati abituati a conoscere. Questa è piuttosto la storia di come un artista sia stato in grado di rinascere dal fallimento, di come, grazie alla sua straordinaria sensibilità, sia riuscito a influenzare l’evoluzione degli Studios al punto da diventare un riferimento per tutti quelli che dopo di lui hanno lavorato ai progetti Disney.
I suoi testi, la sua capacità di empatizzare con i personaggi così come con il pubblico, come già anticipato, hanno portato a una rivoluzione dello stile musical che fin lì aveva caratterizzato i lungometraggi Disney. Se con Biancaneve Walt Disney decise di introdurre le canzoni per dare più ritmo alla narrazione, creando quello che poi sarà un canone che arriva fino ai giorni nostri, se i fratelli Sherman hanno sviluppato il canone dando più risalto alle colonne sonore e ai testi delle canzoni presenti nei lungometraggi, Howard Ashman e Alan Menken insieme hanno avvicinato lo stile Disney a quello di Broadway, portando musiche e canzoni ad avere un ruolo sempre più centrale.
Non più semplice strumento per aumentare o rallentare il ritmo della narrazione, ma vero e proprio strumento narrativo. Con la coppia Ashman-Menken le colonne sonore assumono una centralità, anche in fase di progettazione, sconosciuta fino ad allora.