Quattro vite recensione film di Arnaud Des Pallières con Adèle Haenel, Adèle Exarchopoulos, Solène Rigot, Gemma Arterton e Nicolas Duvauchelle
Quattro storie di quattro donne di quattro generazioni sono raccontate abilmente dalla macchina da presa di Arnaud Des Pallières, che per descrivere il dolore e la meschinità umana sceglie una formula di montaggio molto particolare, che spesso disorienta ma allo stesso momento coinvolge. Ispirato alla vita della co-sceneggiatrice Christelle Berthevas, Quattro vite (Orpheline), presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival nel 2016 e dopo a San Sebastián e a Rotterdam, racconta la storia di una ragazza in quattro fasi della sua vita attraverso le vicende di quattro personaggi femminili accomunati da un destino simile e insolito.
Le storie frammentate e alternate sono un vero e proprio inno alla forza femminile, dirompente e vitale. Renée (Adèle Haenel), la più grande delle quattro, è una trentenne che lotta per avere un bambino e si batte nel suo lavoro. Quella vita apparentemente tranquilla viene interrotta dal suo passato segreto, che ha il nome di Tara (Gemma Arterton) che si vendicherà in modo spietato e che ritroveremo anche nella vita di Sandra (Adèle Exarchopoulos), che nonostante i suoi vent’anni si ribella al triste futuro a cui è destinata mettendo in gioco tutto in un momento. L’esistenza della ventenne sembra legata da un fil rouge a quello di Karine (Solène Rigot), piccola adolescente che ogni giorno spinge la sua vita al limite perché tanto nulla è più pericoloso della violenza che l’aspetta a casa. Poi c’é Kiki (Vega Cuzytek), la piccola donna che deve conoscere la realtà della morte già da bambina.
Tutte queste donne sembrano separate ma allo stesso tempo legate, unite da un unico comune denominatore, il dolore.
Spaesate e perse nella loro essenza tragica, reagiscono con una tenacia e una forza che sembra quasi ancestrale. Bravissima Adèle Exarchopoulos, che regala una versione tutta sua dell’energia femminile, la stessa che avevamo già visto ne La vita di Adele nel 2013. Sorprende anche Adèle Haenel, che interpreta il personaggio che chiude il cerchio di queste quattro vite e che forse è l’unico ed il centro di tutta la storia.
Azzeccata la scelta del regista francese di raccontare la femminilità con toni duri e forti, tinte tendenti al nero e storie difficili. A volte essere donna significa anche questo.