Tenet recensione negativa con spoiler del film di Christopher Nolan con John David Washington, Robert Pattinson e Elizabeth Debicki
Già dal titolo, si capisce che la comprensione della nuova pellicola di Nolan non sarà scontata e lineare: il predicato latino Tenet (tiene, mantiene, possiede) si riferisce ad un famoso enigma basato su una frase palindroma (Sator Arepo Tenet Opera Rotas), come si evince dal fatto che le parole restanti sono disseminate nei nomi propri dei personaggi (l’antagonista miliardario russo si chiama Sator – interpretato da Kenneth Branagh, sempre ineccepibile – il falsificatore di Goya si chiama Arepo). E, difatti, la trama mantiene le premesse del titolo, presentandosi allo spettatore come un inestricabile (per lo meno sul momento) groviglio di viaggi nel tempo.
Christopher Nolan sembra essere saltato sul carro del vincitore, adottando uno dei temi più sfruttati in film e serie degli ultimi anni (basti pensare che perfino la Marvel, nell’ultimo titolo del franchising Avengers ricorre ad il viaggio nel tempo, e che una delle serie più chiacchierate di Netflix, Dark, ne fa il motore principale dell’azione); va riconosciuto, pure, che il tema era già stato parzialmente esplorato dal regista in Interstellar (2014), perciò si può anche dire che Tenet rappresenti semmai una ulteriore incursione in questo mondo.
Il viaggio nel tempo, poi, è qui presentato con le dovute variazioni sul tema: in questo caso, il viaggio all’indietro nel tempo deriva dall’inversione dell’entropia di un corpo (piuttosto che dalle teorie legate alla velocità della luce, come nel titolo del 2014). La sceneggiatura del film si basa su esperimenti che sono riusciti a riportare le condizioni di un computer quantistico, invertendo il suo sviluppo, alla condizione di una piccolissima frazione di secondo precedente; il concetto viene notevolmente forzato, applicandolo ad un sistema complesso come la nostra realtà e ipotizzando una estensione molto maggiore di qualche centesimo di secondo per questi viaggi.
La variazione sul tema ha risvolti interessanti soprattutto per quanto riguarda l’impatto degli effetti speciali: in pratica, viaggiare all’indietro nel tempo consiste nello spostarsi al contrario rispetto alla direzione principale (naturale) del tempo, perciò verrà percepita, da coloro che sono immersi nel flusso di quest’ultima, come un movimento “al contrario” (per i nostalgici delle VHS, tali episodi ricorderanno molto ciò che si vedeva sullo schermo quando si riavvolgeva il nastro). Perciò sullo schermo vedremo contemporaneamente personaggi che si muovono “normalmente” ed altri che sembrano in modalità “rewind”: l’impatto visivo è assicurato. Tuttavia, la comprensione di molte scene risulta complicata dal fatto che non sempre gli avvenimenti che vediamo svolgersi “normalmente” appartengono al flusso naturale del tempo e quelli in “rewind” ad un flusso all’indietro: può avvenire il contrario, dato che la focalizzazione del racconto è interna (sappiamo sempre solo quanto sa il protagonista e vediamo gli avvenimenti nella direzione in cui li vede lui ed a poco vale che in alcune scene la direzione temporale naturale del mondo sia marcata dal colore rosso e quella all’indietro dal colore blu).
I “cambi di direzione” si susseguono nel film ad un ritmo crescente, fino alle sequenze finali, in cui assistiamo ad una “manovra a tenaglia temporale”, in cui la spettacolarità e la confusione dello spettatore sono portati al massimo livello, mostrando il raid di due squadre tattiche, di cui una si muove in una direzione temporale ed una in quella opposta, coordinate per raggiungere il medesimo obbiettivo, con grande impiego di edifici e proiettili che esplodono sia al contrario che non. Il modus operandi “crescendo di confusione e spettacolarità” richiama, in questo senso, Inception (2010), altro titolo del regista.
A parte l’elemento del meccanismo del viaggio temporale, la trama si presenta abbastanza lineare: come ogni spy story che si rispetti, abbiamo un agente (della CIA) che deve salvare il mondo da una minaccia, che in questo caso ha le sembianze di un algoritmo proveniente dal futuro, ma nascosto nel passato, suddiviso in nove parti affinché non sia mai ricomposto: ciò comporterebbe, infatti, la possibilità di invertire l’entropia del mondo intero, invertendo dunque il senso di marcia del tempo su tutto il pianeta.
L’antagonista che il Protagonista (non ci viene rivelato altro nome per il personaggio principale, interpretato da John David Washington) si trova ad affrontare nel corso del film è Sator, russo miliardario naturalizzato inglese grazie al matrimonio con Kat (interpretata da Elizabeth Debicki). Sator è crudele con la moglie e la ricatta usando il loro figlio affinché lei non lo lasci, incolpandola al tempo stesso di averlo tradito (lei gli avrebbe fatto acquistare un Goya falso nonostante la propria esperienza nel valutare i dipinti). Il protagonista, nel prendere i contatti con Sator viene a conoscenza del ricatto e tenta di aiutare la ragazza. Il protagonista è, inoltre, affiancato da Neil, altra giovane spia ed esperto di fisica, interpretato da Robert Pattinson.
La pellicola garantisce un paio d’ore di azione e sci-fi, ma non sviluppa nulla di notevole, in quanto gli unici due spunti che potevano distinguere la pellicola dal genere “spie ed esplosioni” sono appena accennati: prima, sono eluse importanti questioni di natura sociale facendo concludere l’ipotesi di una relazione interrazziale fra il Protagonista e Kat, la bellezza nordica moglie dell’antagonista Sator con un casto bacetto sulla guancia, per far sì che il film sia digeribile anche a certi pubblici in cui prevale il suprematismo bianco e l’orrore per la mescolanza. Poi, sono eluse questioni altrettanto importanti quando Sator rivela, sul finale, le ragioni dei suoi “mandanti” dal futuro: perché gli uomini per cui lavora vogliono distruggere il flusso temporale “naturale”? Perché, spiega Sator, vivono in un mondo devastato dai mutamenti ambientali causati dall’uomo e, di fronte al disastro irreparabile e la possibilità di un estinzione, decidono di rifugiarsi nel passato in cui la terra era ancora vivibile. In fondo, dice Sator, è colpa nostra se arriveremo a questo; chiede, quindi, al Protagonista, se è sicuro di volerlo ancora fermare. Ma il Protagonista, a guisa di cavallo coi paraocchi, si rifiuta di distogliere lo sguardo dal contingente (la missione di impedire a Sator di riunire l’algoritmo) e, senza farsi distrarre da inutili divagazioni come la sopravvivenza delle generazioni future, risponde che, sì, vuole ancora fermare Sator. Cade, quindi, miseramente, la possibilità di fornire uno spunto di riflessione etica allo spettatore.
D’altra parte, quando mai l’etica ha fatto sbancare ai botteghini? Forse bisogna, per trovare tali spunti nel corpus di opere di Nolan, rivolgersi alla fortunata serie dei film su Batman (Batman Begins, 2005, The Dark Knight, 2008, The Dark Knight Rises, 2012) , dove sono messe in gioco le superiori motivazioni che muovono il supereroe.
Perciò, dicevamo, eliminato il pericolo di presentare tali spunti di riflessione sociale ed etica, tutta l’architettura del film finisce per reggersi sull’impatto visivo dei proiettili che viaggiano all’indietro e sull’intricato gioco di prospettive dei viaggi all’indietro nel tempo (di cui, abbiamo già detto, oggi son piene le fosse).
In conclusione, Tenet non si discosta dalla linea tematica e stilistica già tracciata in precedenti pellicole del regista; si rileva tuttavia che, pur essendo un film godibile per gli effetti speciali spettacolari e la trama satura d’azione, risulta carente di quella capacità di invitare a riflettere e porsi domande che Christopher Nolan ha dimostrato altrove.
Irene