The Midnight Sky recensione film Netflix di e con George Clooney, Felicity Jones, Caoilinn Springall, David Oyelowo, Tiffany Boone e Kyle Chandler
– Vogliamo tutti essere a casa.
– E dov’è casa?
(The Midnight Sky)
Forte dell’intensa esperienza sul set del sette volte premiato agli Oscar Gravity di Alfonso Cuarón e di Solaris di Steven Soderbergh, George Clooney costruisce il suo dramma di fantascienza ambientato nello spazio, opera post-apocalittica ispirata al romanzo d’esordio di Lily Brooks-Dalton, La distanza tra le stelle, che esplora i temi della memoria e della perdita in un mondo ormai morente a causa degli sbagli degli uomini che, mentre si rifugiano in aree sotterranee e temporanee di sopravvivenza, cercano fragilmente la speranza tra le stelle.
Speranza che in The Midnight Sky è rappresentata da una luna di Giove, K23, riscaldata dall’interno grazie all’attività vulcanica, scoperta da Augustine Lofthouse (George Clooney), scienziato che vive in un’osservatorio nell’Artico e ha dedicato la sua intera esistenza allo studio delle stelle. Le sue scoperte sono alla base della missione spaziale dell’astronave Aether, condotta dal comandante Gordon (David Oyelowo) insieme alla specialista di missione Sully (Felicity Jones), l’ingegnere Maya (Tiffany Boone), il pilota Mitchell (Kyle Chandler) e l’esperto di aerodinamica Sanchez (Demián Bichir), che stanno rientrando sulla Terra dopo una missione lunga due anni e aver ottenuto più risposte che domande, accertandosi soprattutto che K23 sia raggiungibile, capace di ospitare la vita e di permettere l’espansione di una nuova civiltà.
La stella polare è la stella più importante che ci sia.
Se uno si perde lo aiuta a ritrovare la via.
(The Midnight Sky)
Il design avveniristico dell’astronave Aether immersa nello spazio è un colpo d’occhio notevole che avrebbe meritato il buio della sala e la vastità del grande schermo: dalla dolcezza e naturalezza del simpatico siparietto tra Augustine e Iris (Caoilinn Springall) al pathos e alla drammaticità tipiche dei disaster movie, dal fascino della passeggiata spaziale con risvolti ad alta tensione alle sequenze catastrofiche sulla Terra, The Midnight Sky si mostra solido in ciascuna delle sue componenti.
George Clooney realizza una cinematografia d’eccezione con un’opera ambiziosa e dal design notevole, che regala in almeno un’occasione anche una soluzione narrativa emotivamente e visivamente memorabile con protagonista Tiffany Boone alle prese con i pericoli dello spazio inesplorato.
Non siamo stati molto bravi a custodirvi la casa mentre eravate via.
(The Midnight Sky)
Dramma morale e umano sulla sopravvivenza e sulla nascita – Felicity Jones è realmente incinta durante le riprese – tra sogni e ricordi che si materializzano in ologrammi, desiderio di famiglia, perdita, speranza e promessa di ricongiungimento, David Oyelowo e Felicity Jones rappresentano i moderni Adamo ed Eva nello spazio, creati da Augustine, che si ritrova suo malgrado ad essere guida dopo aver abbandonato, ad indicare la via verso un mondo incredibile, spinto dalla finora a lui sconosciuta ma insuperabile forza dell’amore.
I toccanti temi musicali del due volte premio Oscar Alexandre Desplat (La forma dell’acqua, Grand Budapest Hotel) e la forza di Sweet Caroline di Neil Diamond ci accompagnano nello spazio mai mappato e su pianeti inesplorati in un’opera pregevole e solida, affievolita tuttavia dal dipendere eccessivamente dall’interpretazione, dal personaggio e dalla linea temporale del lodevole George Clooney e da un climax finale piuttosto prevedibile, e che noi stessi ci immaginavamo già diversi mesi fa.
È come atterrare nel regno di Oz e vedere i veri colori per la prima volta.
(The Midnight Sky)