Your Honor recensione serie TV di Peter Moffat con Bryan Cranston, Michael Stuhlbarg, Hope Davis, Hunter Doohan, Carmen Ejogo, Isiah Whitlock Jr., Sofia Black-D’Elia e Maura Tierney
Se è vero che di procedural drama non si è mai sazi, tanto da essere uno dei generi sempreverdi del mondo televisivo, si potrebbe aprire un dibattito sulla necessità o meno di tutta una serie di prodotti che rientrano sotto questa grande ala protettrice. Peter Moffat ha avuto modo di alimentarne la fiamma prima con Criminal Minds, il suo libro da cui è stato tratta la miniserie HBO The Night Of, e con Your Honor adesso.
L’adattamento della serie israeliana Kvodo è un banco di prova che profuma di successo: una punta di diamante come Bryan Cranston nel ruolo di protagonista, un formato all-in che è sinonimo di qualità e attenzione al dettaglio, una rete alle spalle come Showtime con bouquet di serie tv non indifferente (Weeds, Masters of Sex, Californication solo per citarne alcuni).
Moffat ha tra le mani un gingillo molto interessante e la parte iniziale del primo episodio sembra metterne nero su bianco il successo. In una tensione crescente e asfissiante il cast si presenta in una caotica e disordinatissima New Orleans prima di arrivare allo spaventoso incidente che sarà al centro delle successive puntate. Adam Desiato (Hunter Doohan), figlio del giudice Michael Desiato (il già citato Cranston), disgraziatamente investe con la sua auto una moto, causando la morte del conducente. La regia è straziante e sembra invitare ad osservare attentamente cosa accade e in che modo nel caso sia necessario mettere assieme i pezzi più avanti. Sarebbe quindi lecito aspettarsi una discesa negli inferi per capire gli estremi della verità da costruire in un tribunale, ma Your Honor compie qui un primo mezzo passo falso: sul punto di fare la cosa giusta e denunciare tutto alle autorità competenti, si scopre che il ragazzo morto nell’incidente è il figlio di uno dei boss della città, Rocco Baxter (Michael Stuhlbarg). Addio giustizia, addio correttezza, benvenuto istinto di sopravvivenza e autoconservazione.
Cranston riannusa il profumo della spirale dell’uomo integerrimo destinato a compromettersi del tutto e interpreta un personaggio che mette l’unico pezzo rimasto della sua famiglia davanti alla giustizia di cui dovrebbe essere campione indiscusso. La domanda è ancora una volta fin dove si è disposti a spingersi pur di salvare capra e cavoli in una rete di tracce, inganni e doppiogiochismo e l’attore divenuto celebre per la sua interpretazione di Walter White in Breaking Badci sguazza al grande, reggendo l’intero show.
Con le dovute variazioni sul tema e un termine di paragone così scomodo, Your Honor si trasforma lentamente in una logorante guerra di trincea sul campo dell’etica e della natura con diverse sottotrame che aspirano ad allargare la questione non soltanto al caso in sé e per sé, ma all’umanità stessa.
E’ proprio qui che il lavoro di Moffat perde la sua brillantezza. Non appena si allontana dal caso, non appena si allontana dalla gigantesca trappola per topi che ha colto sul fatto lo spettatore, ecco venir fuori una serie di infinite variazioni su un tema interessante ma assolutamente non originale. Nel gioco di scatole cinesi con un disperato bisogno di rincarare la dose di episodio in episodio, Your Honor si perde senza mai ritrovarsi del tutto, affidandosi ad un fuoriclasse per rimanere a galla e non affondare del tutto.