Sound of Metal recensione film di Darius Marder con Riz Ahmed, Olivia Cooke, Mathieu Amalric, Lauren Ridloff e Paul Raci
Intenso e tragicamente reale Sound of Metal racconta la discesa verso gli inferi della disabilità di un batterista metal che perde interamente l’udito da un giorno all’altro. L’Idea originale di Derek Cianfrance, regista di Blue Valentine (2010) affetto e quindi ispirato dal suo problema di acufene, viene egregiamente portata su pellicola dall’amico Darius Marder, che con questa opera prima da cineasta fa subito centro, raccontando una tematica drammatica con empatia ed emozione ma senza renderla tristemente patetica.
Il regista decide di farlo attraverso le orecchie di Ruben, musicista heavy metal che improvvisamente si vede sconvolgere la vita, lavorativa e non, dalla tragica perdita dell’udito. Interpretato egregiamente da Riz Ahmed, di cui si era notata la bravura al fianco di Jake Gyllenhaal ne Lo sciacallo – Nightcrawler (2014), l’ormai sordo batterista si trova a dover combattere con i demoni passati di una ex tossicodipendenza che si riaffacciano con il presentarsi di questo nuovo handicap fisico che lo colpisce soprattutto psicologicamente, quando si trova costretto ad interrompere il tour insieme alla sua fidanzata Louise, un’altrettanto brava Olivia Cooke.
La ragazza, consapevole della gravità della situazione del compagno, lo convince ad unirsi ad una comunità per non udenti gestita da Joe (Paul Raci), un veterano del Vietnam che lo aiuterà non solo a superare le difficoltà quotidiane legate alla nuova invalidità ma ad accettare la sua nuova vita e condizione come definitive.
Il vero ostacolo del protagonista nel superare un evento del genere infatti non sembra di tipo fisico e non riguarda solo la perdita un senso, ma sembra di tipo mentale. Ruben appare bloccato tra la sua vita precedente in giro in camper per gli Stati Uniti con la sua Lou, vita che amava, e quella attuale, che deve imparare ad amare.
La bravura del regista Darius Marder é stata proprio quella di raccontare questo passaggio, la fase transitoria e delicata che Ruben ha dovuto attraversare con sofferenza e solitudine, toccando l’apice nel sottoporsi ad un intervento di impianti uditivi tanto costosi quanto inutili. Fondamentale il lavoro e la scelta del tecnico del suono Nicolas Becker di far “sentire” allo spettatore i nuovi suoni robotici e artificiali, ai quali Ruben rinuncerà lasciando spazio al silenzio di una nuova vita ancora da scoprire.