Apples recensione del film di Christos Nikou con Aris Servetalis, Sofia Georgovassili, Anna Kalaitzidou, Argyris Bakirtzis e Kostas Laskos
Apples, il nuovo frutto del cinema greco
Presentato a Venezia 77, il debutto di Christos Nikou è la conferma di un movimento cinematografico che sta scrivendo una nuova interessantissima pagina di storia del cinema.
La Grecia dopo il fallimento economico del 2008 non è più stata la stessa, al crollo economico son seguiti profondi mutamenti sociali. Una società profondamente ferita che come spesso accade nei momenti più bui diventa ambiente fertile per nuove idee. Ecco che da queste ferite il cinema greco sembra aver trovato una nuova identità, una nuova dimensione; oramai da oltre dieci anni mostra al mondo un volto nuovo, un volto fresco, certamente bizzarro ma di cui se ne sentiva tremendo bisogno.
La Weird Wave che con Tsangari, Lanthimos e Avranas si è esposta al mondo trova in Christos Nikou un nuovo figlio, un nuovo regista pronto a raccontarsi sul grande schermo. L’individuo, la società e le loro interazioni; quasi in maniera scientifica si possono riassumere i temi cardine di questo movimento e Apples non fa eccezione.
Un virus cancella la memoria di alcune persone, causando un’amnesia collettiva. Da un giorno all’altro Aris (Aris Servetalis), il protagonista, perde la sua identità e si ritroverà come tanti pazienti sospeso nel tempo, accarezzando l’oblio. Un virus che può colpire tutti, da un momento all’altro, cancellando istantaneamente una vita di ricordi. Bisogna riadattarsi alla normalità e nel frattempo cercare un rimedio ad una malattia che sembra non aver cura. Come un oggetto però Aris non viene reclamato da nessun parente, decide di sottoporsi ad una terapia sperimentale alla disperata necessità di ricostruire il suo futuro.
Non è il solo, l’incontro con Anna (Sofia Georgovassili), paziente di questa terapia, porterà l’imprevedibilità nella vita di Aris e attimi di normalità.
Anna scappa sempre da qualcosa e forse la realtà, la prospettiva non è quella mostrata: piccoli indizi che all’occhio attento si schiariranno sul finale, in un film che oltre all’apparenza ha molto altro da raccontare. Piccole abitudini da riconquistare, piccole esperienze da vivere in una Atene sospesa in un tempo che non è più il nostro, non esistono telefoni, non esiste internet, l’unico modo per fotografare l’istante è con le Polaroid. Le immagini sono importanti, ancora di più al cinema ed ecco che diventano diario per Aris, astronauta di un nuovo mondo personale in cui vivere.
Già assistente alla regia di Dogtooth per Yorgos Lanthimos, Christos Nikou dimostra di aver appreso appieno l’atmosfera del collega. Da subito risulterà agli amanti di Lanthimos una sensazione familiare, un immaginario già conosciuto dal quale Nikou però riesce a ritagliarsi un suo spazio. Viene abbandonata una regia eclettica e stravagante, che tanto ha affascinato anche Hollywood, per portare avanti una visione più privata e semplice, una dimensione malinconica nel quale far muovere il protagonista.
Un cinema molto intimo, una storia che da più di 10 anni teneva chiusa in un cassetto, scritta subito dopo la morte del padre (al quale è dedicato questo film) e che di questa intimità fa forza per esplorare l’interiorità dell’individuo, lasciando poi allo spettatore il compito di empatizzare e comprenderne i pensieri alla ricerca della verità di Aris e delle sue scelte, alcune più nascoste di altre. Dimenticare o ricordare, accettare la nuova condizione o ricercare un passato perduto, condizioni che accomunano ogni individuo.
Virus e malattia come simboli, che come i bravi registi sanno fare possono diventare metafora per altro e di nascosto, lentamente questa metafora viene alla luce, donando al film una chiave di lettura più profonda.
Christos Nikou ha il grande merito di portarci in un mondo che riesce ad essere terribilmente presente e al tempo stesso sorprendentemente lontano, sospeso nel vuoto: Apples è un film silenzioso, diverso e pacato. Un ottimo debutto, un nuovo frutto del sorprendente cinema greco.