Estraneo a bordo recensione film Netflix scritto e diretto da Joe Penna con Anna Kendrick, Toni Collette, Daniel Dae Kim e Shamier Anderson
Non sai mai dove ti condurrà la vita.
(Anna Kendrick in Estraneo a bordo)
Il boato della propulsione dei motori a razzo dell’astronave Hyperion diretta verso l’orbita di Marte e la ricerca della veridicità in cabina di pilotaggio attraverso sonorità e movimenti durante la riproduzione della partenza rivelano un approccio realistico al tema in Estraneo a bordo, amplificato dall’assenza di colonna sonora quantomeno nelle sequenze iniziali.
Dopo aver centrato il bersaglio con The Midnight Sky di George Clooney, Netflix ritorna nello spazio, ambientazione cara alla piattaforma, acquisendo la pellicola prodotta da XYZ Films, scritta e diretta da Joe Penna (Arctic) ed interamente girata in Germania con efficaci effetti speciali realizzati dallo studio tedesco RISE | Visual Effects Studios (Dark), che ci mostra un equipaggio composto da tre astronauti – l’esperta comandante Marina Barnett (Toni Collette) e due membri “civili”, la ricercatrice medica Zoe Levenson (Anna Kendrick) ed il biologo David Kim (Daniel Dae Kim) – in rotta verso la colonia terrestre su Marte per proseguire gli studi e le sperimentazioni scientifiche mirate ad esplorare le possibilità di rendere il pianeta rosso la nostra seconda casa, capace di ospitare la vita umana nel lungo periodo.
Un’opportunità unica per i due ricercatori che hanno aderito al programma aerospaziale HARP per una missione nello spazio della durata di due anni: far progredire la scienza medica raggiungendo scoperte applicabili alla vita sulla Terra e condurre ricerche scientifiche con lo scopo di produrre ossigeno e dunque portare la vita anche là dove sembrava impensabile, vivendo un’esperienza in grado di cambiare il destino dell’umanità.
Visto da quassù, le foto dello spazio non gli rendono giustizia.
(Shamier Anderson in Estraneo a bordo)
Come da titolo, l’inquietante ritrovamento e la presenza di un estraneo a bordo, Michael Adams (Shamier Anderson), getta nello sgomento l’equipaggio, mentre atmosfere e tensioni da thriller vengono sapientemente costruite intorno alla misteriosa figura di questo masterizzando in ingegneria elettrica impiegato nel supporto tecnico alle missioni HARP che sogna di partecipare alle missioni spaziali, instillando il dubbio circa le reali motivazioni della sua presenza a bordo e se egli possa rappresentare una minaccia da confinare.
Tra sospetti, incertezze e scherzosi scambi tra l’affiatata coppia formata da Anna Kendrick e Daniel Dae Kim – “Dovrai condividere il merito delle tue pubblicazioni scientifiche con lui!“, scherza il personaggio di Anna Kendrick – Estraneo a bordo disperde tuttavia al giro di boa le sue potenzialità thriller e la sua carica di tensione virando verso componenti drammatiche non del tutto soddisfacenti.
Il danneggiamento critico ai sistemi di supporto vitale dell’Hyperion, causati proprio dall’involontaria presenza di Michael, metteranno a rischio la vita dell’intero equipaggio a causa della mancanza di scorte di ossigeno che porterebbe gli astronauti alla morte per asfissia un paio di settimane prima dell’arrivo su Marte, mentre sia la Terra che la colonia su Marte sono impossibilitati al soccorso, e l’astronave non può più fare ritorno a casa.
Mentre lo spettro della fine incombe e la presenza dell’estraneo a bordo mette ogni giorno a rischio la vita dell’equipaggio e l’esito dell’intera missione, e viviamo la commovente backstory di Michael e il suo legame con la sorella minore, Joe Penna abbandona la “strada sicura” del thriller di fantascienza ponendoci il dilemma morale del Mors tua vita mea, soppesando quando possa valere la vita di una persona e il prendere la vita di qualcuno, tra scelte difficili, tentativi disperati anche a scapito dell’esito delle stesse ricerche scientifiche ed il senso di colpa che potrebbe devastare le anime dei sopravvissuti.
Ma è proprio la componente drammatica a non funzionare per il meglio, tra dispersione della tensione narrativa e personaggi che si sgretolano nelle loro motivazioni tra azioni ed espressioni povere di senso, come accade con il crollo della comandante di Toni Collette ma anche all’intero finale esasperatamente volto alla tragedia del sacrificio ad ogni costo, mentre la pellicola di Joe Penna perde l’occasione di esplorare sia le ambiguità del mistero sia le severe implicazioni della clandestinità a bordo, non riuscendo d’altra parte a dare pieno significato ai suoi intenti e al dilemma morale dell’importanza della vita.