School of Mafia recensione film di Alessandro Pondi con Nino Frassica, Paola Minaccioni, Giuseppe Maggio, Guglielmo Poggi e Michele Ragno
Commedia scritta e diretta da Alessandro Pondi, School of Mafia è la storia di tre ragazzi newyorkesi, grandi sognatori e con tante soddisfazioni da togliersi in campo lavorativo. Tutte le loro ispirazioni vengono da un giorno all’altro stroncate dai loro padri, boss di mafia. I tre criminali pretendono che Nick (Giuseppe Maggio), Joe (Guglielmo Poggi) e Tony (Michele Ragno) portino avanti gli affari di famiglia e per far sì che ciò accada vengono indirizzati obbligatoriamente verso Don Turi (Nino Frassica) e la sua “scuola” per criminali.
Nino Frassica alias Don Turi
L’interpretazione del sommo maestro Don Turi non poteva essere messa nelle mani di nessun altro. Frassica riesce a far coincidere intonazione, movenze, carattere e savoir-faire di un vero nonno della mafia. Aiutato probabilmente dalla sua origine siciliana, unisce abilità ed esperienza per interpretare in modo ineguagliabile un personaggio tutt’altro che scontato. A completare il suo personaggio ecco che entra in scena la sua spalla destra Salvo o’ Svizzero (Maurizio Lombardi), perfetto come personaggio-specchio sotto ogni punto di vista. È senza dubbio lui la chiave comica di tutto il film.
Commedia, parodia e western
Quello che colpisce di School of Mafia, oltre ad alcuni aspetti che verranno approfonditi successivamente, è il suo essere multigenere. Si possono scorgere sì i tratti di commedia, così come può essere considerata una parodia nei confronti della mafia e altresì una sorta di western. Durante la narrazione viene costruita la versione caricaturale dello stile mafioso, in particolare notiamo l’estrema nota parodistica in Salvo o’ Svizzero con i suoi tic, vizi ed espressioni. I riferimenti al genere western sono invece più sottili: gli immensi prati aridi siciliani, il particolare del ghigno su un volto prima di sparare un colpo o ancora il particolare del dito pronto a premere il grilletto, ecc.…
In sintesi quello dipinto da Pondi è un quadro in cui si mescolano diversi generi, uniti per trattare un tema che nella realtà è tutt’altro che comico.
La donna sopra i comandamenti
Don Turi si presenta ai ragazzi elencandogli i dieci “comandamenti” da rispettare nella sua scuola. È chiaro il concetto: lui sullo stesso piano di Dio e merita lo stesso rispetto e la stessa devozione che si dedicherebbe alla Divina Santità. Facciamo un passo indietro però, durante l’elenco dei suoi comandamenti Don Turi esclama “Onora il padre e la madre” specificando, tuttavia, come il padre debba esserlo un po’ di più. Nell’ideologia collettiva mafiosa quindi, secondo Pondi, il padre (figura maschile) ricopre un ruolo di maggior importanza rispetto alla madre (figura femminile), su tutte le decisioni avrà sempre l’ultima parola o almeno questo è quello che si pensa all’inizio della pellicola.
Col passare dei minuti e con lo scorrere delle sequenze viene fuori tutt’altra situazione e tutt’altra gerarchia ma non solo a casa Turi. Il potere e la padronanza femminile escono e si rivelano allo spettatore, tirando uno schiaffo alla superba arroganza maschile, in particolar modo in tre occasioni: la prima, durante il colloquio tra Don Turi e i padri dei tre ragazzi con l’intento del primo di tirarsi indietro e non concedere una seconda possibilità ai giovani, visto il loro comportamento, la moglie interviene dichiarando con fermezza ed autorità che i ragazzi saranno ancora ospiti nella “scuola” nonostante le ultime vicende. A quel punto Don Turi non osa contraddirla ma una volta uscita dalla stanza giustifica la sua inferiorità con “non possiamo sparare alle mogli”.
La seconda situazione in cui possiamo osservare la superiorità femminile avviene nella dimora di Don Masino (Gianfranco Gallo). Tutt’altro che deciso a concedere il perdono ai ragazzi, colpevoli di avergli incendiato l’auto, egli impugna la pistola pronto a fare fuoco ma ecco che improvvisamente nella stanza piomba la figlia, anch’essa con tono deciso e autorevole scavalca il padre e lo convince ad abbassare l’arma ed a non punire i ragazzi. Infine la terza situazione è un tantino diversa rispetto alle precedenti ma dichiara la scaltrezza femminile a discapito dell’ingenuità maschile. Ci riferiamo alla sequenza in cui Tony è in fuga per il paese e improvvisamente per depistare gli scagnozzi di Don Turi entra attraverso una finestra aperta. All’interno dell’appartamento echeggiano le grida del marito di una donna che cerca di calmarlo convincendolo che non c’è nessun amante e che è tutto frutto della sua immaginazione. Passano i minuti, l’uomo si convincerà, farà l’amore con la moglie e poi si addormenterà. Nel frattempo Tony assieme al vero amante della moglie usciranno da sotto il letto e scapperanno dalla finestra.
È chiaro il messaggio: qualunque sia la situazione o il contesto la figura femminile dimostrerà d’avere ogni volta un grado di potere e di furbizia in più rispetto a quella maschile, talvolta ignara, saccente e ingenua.
La società siciliana e l’integrazione della mafia
In ultima analisi è doveroso andare oltre la chiave comica espressa nella pellicola, sottolineando e dedicando uno spazio al messaggio triste comunicato allo spettatore. Il paese siciliano in cui è ambientata la vicenda è una vittima silenziosa dell’organizzazione mafiosa. I carabinieri sanno chi, cosa e dove ma dicono di non avere abbastanza prove, cercando quasi di convincere loro stessi prima degli altri. Alcune vicende si svolgono in pubblico, nella piazza del paese ma nessuno osa commentare o denunciare la questione. È la triste verità che ancora oggi investe tantissimi paesi e città del sud Italia ma non solo.
Alessandro Pondi propone la soluzione, consiglia di affidarsi alle autorità e confida nella reale capacità delle forze dell’ordine di mettere fine a questa organizzazione criminale. Ci vuole coraggio e forza, quello che hanno avuto i tre timidi ragazzi.