Full Time recensione film di Eric Gravel con Laure Calamy, Anne Suarez, Geneviève Mnich, Nolan Arizmendi, Sasha Lemaitre Cremaschi e Cyril Gueï
A tempo pieno e senza tregua: Eric Gravel fotografa la spossatezza di una generazione
Difficile dire cosa sia più angosciante in Full Time – À plein temps di Eric Gravel: la corsa senza fine della protagonista per garantire la sopravvivenza della sua famiglia e quella delle sue ambizioni o la strisciante consapevolezza che in questo ritratto c’è molto in cui possiamo riconoscerci.
Una donna contro un mondo ostile e sfiancante
Laure Calamy interpreta una donna quarantenne francese dalle risorse e dalla tenacia pressoché infinite, messe a dura prova da un mondo circostante la cui unica missione sembra quella di sfiancarla. Si alza prima ancora che sorga il sole, lascia i bambini a un’anziana vicina baby sitter refrattaria e poi corre verso Parigi, dove lavora in un albergo a cinque stelle come cameriera di piano e responsabile dell’organizzazione dello staff dedicato alla pulizia delle stanze. Vivere in città le renderebbe la vita più semplice, ma la donna non vuole far crescere i propri figli in un pollaio, quindi è costretta a un estenuante pendolarismo. La pellicola è ambientata durante il lunghissimo braccio di ferro tra sindacati dei trasporti e governo francese, che qualche tempo fa paralizzò per settimane i trasporti d’Oltralpe. In mezzo c’è la protagonista di Full Time – À plein temps, costretta a soluzioni sempre più ingegnose e disperate (furgoni a noleggio, autostop, car sharing, hotel d’infimo livello) per tornare dai suoi figli e presentarsi al lavoro.
Il marito non le paga gli alimenti, i datori di lavoro le contestano i ritardi nonostante la situazione, le persone intorno a lei le chiedono di ridimensionare la sua ambizione. Che vada a vivere a Parigi, che cerchi un lavoro presso un supermercato locale, che smetta di sognare un impiego dignitoso nel settore che le compete: il marketing e le statistiche di mercato.
Il cinema francese è una sentinella vigile
Il ritratto femminile e umano che fa il regista Eric Gravel non può che ricordare il cinema dei fratelli Dardenne e in particolare Due giorni, una notte con Marion Cotillard. Anche Full Time – À plein temps è un film dal ritmo serrato che insegue la protagonista mentre cerca di stare a galla, di essere una buon madre e di non rinunciare a realizzarsi come professionista. È quasi straziante vedere una persona incarnazione stessa del concetto di problem solving applicare i suoi talenti incredibili per essere all’altezza di una società che la lascia sola e le fa mancare ogni sicurezza e appiglio. Nonostante tutta la sua tenacia e anche la sua disponibilità a compromettere la propria integrità per sopravvivere dignitosamente, è il caso a dire l’ultima parola a Full Time – À plein temps, che nella scena finale fa capire che tutto un ventaglio di sinistre possibilità era sul piatto.
Premio per la migliore regia a Eric Gravel e per la migliore attrice protagonista a Laure Calamy nella sezione Orizzonti della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2021, Full Time – À plein temps testimonia ancora una volta l’enorme sensibilità sociale del cinema francese, che con film piccoli come questo riesce ad assolvere un ruolo di sentinella rispetto alle derive più preoccupanti della società occidentale, capitalistica e senza pietà.