L’uomo delle castagne recensione serie TV Netflix di Søren Sveistrup con Mikkel Boe Følsgaard, Danica Curcic, Iben Dorner, Lars Ranthe e Esben Dalgaard
Søren Sveistrup, creatore di The Killing (il danese, l’originale) torna alle fredde e intense indagini con L’uomo delle castagne che ha ispirato l’adattamento della nuova serie disponibile su Netflix.
Corpi mutilati. Una ragazza scomparsa. Una foresta tenebrosa. Castagne che sembrano inquietanti bambole. Tutti questi elementi fanno parte della trama e, come ogni thriller che si rispetti, la storia inizia con un efferato omicidio. Una giovane donna brutalmente mutilata e assassinata viene ritrovata a Copenaghen. L’oggetto posato sulla scena del crimine incuriosisce i poliziotti: un piccolo pupazzo fatto precisamente di castagne.
Da questo indizio i due detective assegnati al caso, Naia Thulin (Danica Curcic, già protagonista della serie TV Equinox) e Mark Hess (Mikkel B. Følsgaard), iniziano la ricerca dell’assassino e presto si rendono conto delle connessioni con un vecchio caso di scomparsa di minore.
Quella che in origine può sembrare una vicenda lineare è, in realtà, colma di sottotrame e nonostante esista una mappa con diverse ramificazioni queste vengono spiegate con chiarezza, consapevoli di rivolgersi a un pubblico che non ha necessariamente letto il libro originale, sempre di Søren Sveistrup.
L’uomo delle castagne, diretto da Mikkel Serup e Kasper Barfoed, soddisfa perfettamente ciò che ci si aspetta da un thriller nordico. Siamo fin troppo abituati a storie in cui ognuno dei personaggi ha un segreto da nascondere e molte volte ci chiediamo come ai giorni nostri una nuova serie possa distinguersi. Uno degli elementi più originali per questo crime sono sicuramente i pupazzetti di castagne che l’assassino lascia dietro di sé, simili a briciole di Pollicino. E, naturalmente, non mancano le false piste, che portano lo spettatore a domandarsi chi sia il colpevole o perché uccida con tale modus operandi.
Siamo dinanzi a una serie dinamica, piena di intrighi che ci portano a scartare i falsi indizi e, lentamente, a comprendere la verità. La sceneggiatura è impeccabile e ci conduce, nei sei episodi che compongono la serie, ad assistere a un’indagine della polizia in piena regola. Non è una vicenda facile e gli ispettori dovranno scavare molto nel passato per riuscire a trovare il bandolo della matassa e dare finalmente un volto all’assassino.
La narrazione è cupa, oscura e ogni personaggio combatte i propri demoni per poter sopravvivere un giorno in più. Man mano che il mistero si infittisce è interessante osservare l’evoluzione dei rapporti tra i due detective protagonisti che, dopo una iniziale diffidenza, capiscono di poter contare l’uno sull’altra.
L’atmosfera, nonostante l’efferatezza di ciò che viene rappresentato, è lenta e pacata, persino ovattata. In nessun momento percepiamo quella sensazione di paura o di shock che in questa tipologia di trama è quasi scontata, ma troviamo invece tanto intrigo, per una grande serie tipica del noir nordico. Costruita alla perfezione con un grande ritmo e personaggi delineati con enorme profondità.