Possession – L’appartamento del diavolo recensione film di Albert Pintó con Begoña Vargas, Iván Marcos, Bea Segura, Javier Botet e Sergio Castellanos
Il cinema horror spagnolo negli ultimi anni ha catturato l’attenzione internazionale, grazie alla capacità di saper intrecciare trame sociali e di cronaca nera con elementi sovrannaturali. Veronica, diretto da Paco Plaza, uscito nel 2017 è di sicuro uno dei film più riusciti e di successo che il continente iberico ha avuto modo di sfornare nell’ultimo decennio. Non sono di certo stati gli effetti speciali (minimi o quasi inesistenti) a catturare l’attenzione del pubblico su questa pellicola, ma ciò a cui essa è ispirato ossia un fatto di storia vera, capace di parlare di un tema attuale come il dilagare tra gli adolescenti della pratica di riti occulti di origine satanica, dai quali scaturisce una suggestione psicologica tale da condurli a stati di paranoia misti ad atti di violenza.
Possession – L’appartamento del diavolo (titolo originale Malasaña 32) è un horror spagnolo uscito di recente nelle sale che s’ispira ancora una volta ad un fatto di cronaca nera. Siamo nel 1976 e la Spagna sta attraversando una vera e propria transizione politica che la porta a sostituire un governo dittatoriale a favore di uno democratico e socialista.
Sulla scia di questo cambiamento e della ritrovata libertà individuale, Manolo (interpretato da Iván Marcos) e Candela Olmedo (interpretata da Beatriz Segura) si trasferiscono da un paesino di provincia verso la capitale Madrid. I coniugi hanno stipulato un mutuo per acquistare un appartamento situato nel quartiere Malasaña al civico 32, incentivati anche da un nuovo inizio in ambito lavorativo per entrambi proprio nella capitale. In questa nuova avventura portano con sé tutta la famiglia, cioè i tre figli e il nonno. Sin da subito all’interno dell’appartamento avvengono fatti strani che coinvolgono inizialmente la figlia Amparo (interpretata da Begoña Vargas) e Rafael (interpretato da Iván Renedo). Quest’ultimo, figlio minore, sparisce improvvisamente attirato da una presenza sinistra che alberga all’interno dell’appartamento, creando così scompiglio nella famiglia che si accorge ben presto di aver a che fare con qualcosa di soprannaturale.
Possession – L’appartamento del diavolo, diretto da Albert Pintó, conquista anzitutto stilisticamente grazie all’ottima fotografia di Daniel Sosa Segura (Élite), che in alcune scelte con le sue tinte scure ricorda lo stesso approccio usato con Veronica dal DOP Pablo Rosso. Anche in questo caso gli effetti speciali sono ridotti all’osso lasciando spazio più a buoni ritmi di suspense e ai colpi di scena sorprendenti. Il film ingrana bene soprattutto perché, nonostante l’apparenza, non è il classico horror sulle case infestate, ma anzi è una pellicola con una sceneggiatura curata e ricca che tratta diversi argomenti.
Pintó mette in campo una narrazione che si destreggia tra lo stato d’incertezza dovuta al mutamento sociale e politico del paese, alla diversità e alla precarietà lavorativa che genera nuovi poveri.
Davanti a tutte queste difficoltà mantenere gli impegni economici e sostenere nel tempo una famiglia crea un ambiente ideale per l’isolamento dei più giovani all’interno del nucleo abitativo. Ci sono conflitti famigliari, sacrificio e ovviamente dietro a questo terribile “diavolo” una storia di diversità e mancata accettazione, un tormento palpabile e visibile in ogni sua apparizione in scena. Pintò, dunque, cura e caratterizza perfettamente i personaggi e mette in piazza una sceneggiatura curata (soprattutto nel suo contesto storico), facendo un magistrale uso degli oggetti di scena, utilizzati sia per accrescere la suspense e l’atmosfera ansiogena che per lasciare indizi allo spettatore.
Possession – L’appartamento del diavolo racconta una storia nelle storie, in cui la vita dei personaggi si intreccia tra passato e presente mettendo in campo una pellicola che va oltre il classico horror trito e ritrito, ma che strizza l’occhio a narrazioni a sfondo sociale capaci di creare incubi e mostri veri e propri.