Gli spiriti dell’isola recensione film di Martin McDonagh con Brendan Gleeson, Colin Farrell, Barry Keoghan, Kerry Condon, Pat Shortt e Sheila Flitton
La storia di una coppia di amici che si sfalda senza un apparente motivo è il succoso preludio gender fluid di Gli spiriti dell’isola – The Banshees of Inisherin. Non si tratta di speculazione o clickbait, ma si riconoscono almeno tre palesi generi nel film – commedia, drammatico, thriller – dalle cui interazioni e sovrapposizioni ne scaturiscono forse altrettanti. Martin McDonagh li fa reagire senza troppi scrupoli su un’isola al largo della costa orientale dell’Irlanda, un ambiente creato ex-novo ma più reale che verosimile.
Perché tirare dritto fino alla meta, al climax, quando destreggiarsi in territori non convenzionali permette di avere un’avvolgente sensazione di disordine? È ammirevole come tutto avvenga come se non potesse essere fatto, detto o scritto in altro modo. Ogni riferimento viene stabilito, disatteso e successivamente ricollocato con un intento diverso per mettere in costruttiva difficoltà lo spettatore.
Forse basterebbe questo, ma nell’ombra c’è molto di più. Al di sotto della membrana della fiction, Gli spiriti dell’isola – The Banshees of Inisherin riesce ad essere un documentario sullo sgretolamento di quelle che vengono definite aree interne, luoghi distanti da servizi e istituzioni e in cui la vita scorre al ritmo di tempi differenti. Luoghi talmente disabitati da sembrare incontaminati, tenuti assieme dai rapporti di comunità ristrette con la data di scadenza, non solo in Irlanda ma in tutto il mondo.
Se Colm (Brendan Gleeson) decide che Pádraic (Colin Farrell) non gli va più a genio e lo estromette dalla sua vita, questo implica su un piano antropologico il crollo di un mondo archetipico. Non è un caso che intorno all’isola infuri la guerra civile irlandese, sfiorando soltanto la comunità di Inisherin. La contestualizzazione storica si trasforma in allegoria narrativa del conflitto tra Colm e Pádraic, in cui la posta in gioco è il ripristino dello status quo incrinato dal caos.
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Non contento, McDonagh si lancia in un’incursione nel realismo magico suggerito dal titolo del film. Ognuno dei personaggi viene inesorabilmente investito da quello che accade a due dei suoi membri e ad aleggiare su di loro c’è lo spettro mitologico della tradizione irlandese. L’anatema che ha colpito il nucleo centrale della storia si estende nella desolazione dell’isola colpendo anche gli animali, senza però destabilizzare l’andamento oscillante del film.
Gli spiriti dell’isola – The Banshees of Inisherin è una sorpresa continua, ma forse quella più grande è rappresentata dal fatto di aver incastonato in un film in costume una delle più cruente direzioni prese dalla frenetica società in cui viviamo. Per un mondo che prospera in maniera sfrenata, ce n’è uno che lentamente muore lasciato in balia di paure, contraddizioni e nefandezze tra uno struscio e una messa di domenica pur essendo custode delle nostre radici.