Le buone stelle – Broker recensione film di Kore-eda Hirokazu con Song Kang-ho, Gang Dong-won, Bae Doo-na, IU e Lee Joo-young
Si torna sempre alla famiglia nel cinema di Kore-eda Hirokazu. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2022, dove Song Kang-ho ha vinto il premio per la miglior interpretazione maschile, Le buone stelle – Broker segue la scia di un percorso che, soprattutto da Father & Son in poi, ha visto il regista giapponese riflettere su una società in continuo cambiamento partendo dal suo nucleo fondante. Venuta meno la famiglia tradizionale, i legami di sangue hanno lasciato posto a una comunione di affetti che prescinde dalla diretta discendenza e a un ribaltamento dei ruoli in cui la figura del genitore spesso perde di importanza e rinuncia al suo ruolo di guida.
Così, in Father and Son le due coppie non riescono a ritrovarsi nel crescere un figlio diverso rispetto a quello a cui si erano affezionate, a seguito di uno scambio nella culla. In Little Sister, invece, il nucleo familiare si ricompone senza una forte figura genitoriale, sostituita da una sorellanza che può riempire quel vuoto. Anche in Ritratto di famiglia con tempesta Kore-eda mette in scena un quadro spezzato, con un padre però che cerca disperatamente di recuperare il suo ruolo di riferimento per il figlio. Un affare di famiglia, infine, è il film che si avvicina più a Le buone stelle – Broker, un salto in cui il cambiamento generazionale è avvenuto e la famiglia non è quella che ci si ritrova ma che si sceglie.
Si apre con una sequenza significativa Le buone stelle – Broker: So-young, interpretata da IU, una delle cantautrici di punta della scena K-pop, decide di abbandonare il suo bambino in una “baby box”, una sorta di scatola in cui vengono lasciati in modo anonimo gli infanti per poi essere affidati alle cure di altri genitori pronti ad adottarli (se ce ne sono). Qui entrano in gioco Sang-hyeon e Dong-soo, che approfittano della “falla” del sistema per lucrare in prima persona sulla scelta della nuova famiglia. Kore-eda ribalta quanto normalmente ci si aspetterebbe da una situazione di questo tipo e mette insieme i tre personaggi, So-young, Sang-hyeon e Dong-soo, instaurando un legame profondo che andrà a sovvertire le comuni regole sociali. Se in Un affare di famiglia non c’era spazio per la speranza, in questo film il regista giapponese, pur consapevole delle difficoltà, apre a un futuro dai connotati più fiabeschi, non escludendo del tutto la possibilità di un incontro e della costruzione di una nuova famiglia.
A Kore-eda interessa relativamente il lato oscuro dei suoi personaggi: So-young non solo ha abbandonato il figlio, salvo poi pentirsene, ma si è macchiata anche dell’omicidio del padre del bambino, così come Sang-hyeon e Dong-soo sono a tutti gli effetti dei criminali che rapiscono i neonati e li vendono per far soldi. Quello che conta è la loro rinascita, la capacità di trovare un nuovo senso nella società proprio attraverso questo inaspettato incontro. Non c’è giudizio, non esiste uno sguardo moralistico nella rappresentazione di questo rapporto: per il regista giapponese sono le vittime di un contesto in cui sono venuti meno i valori principali.
Rispetto ad altri suoi film è richiesta una maggiore sospensione dell’incredulità, una volontà di stare al gioco e di leggere Le buone stelle – Broker come una sorta di favola moderna in cui il lieto fine non coincide esattamente con la felicità assoluta (qui non vissero tutti felici e contenti). Eppure c’è tanta realtà, che emerge in particolare nelle scene più dolorose, quando i personaggi si ritrovano nella loro impossibilità a chiudere i conti con un passato che torna a chiedere conto. E Kore-eda riesce ad ammantare ogni sequenza della sua struggente vena poetica, di una cifra stilistica che lo rende erede a tutti gli effetti dei grandi registi giapponesi del passato, in primis Yasujirō Ozu.
Dopo la Francia (Le verità, 2019), Kore-eda Hirokazu riesce a trasporre il suo cinema universale anche in Corea del Sud e a trarre il meglio dai suoi attori (e non è complicato quando si può contare su un fuoriclasse della recitazione come Song Kang-ho). Il rischio ridondanza, alla lunga, potrebbe esserci, ma al momento i suoi sono film pulsanti, in grado di scuotere anche le anime più sopite. Il suo è un percorso autoriale che procede senza passi falsi e che con Le buone stelle – Broker aggiunge un ulteriore tassello in cui convivono fedeltà ed evoluzione. Un regista di cui non si può fare a meno, specialmente in tempi post-pandemici così bui.