Ninjababy recensione film di Yngvild Sve Flikke con Kristine Kujath Thorp, Nader Khademi, Tora Christine Dietrichson e Arthur Berning, dalla graphic novel Fallteknikk di Inga H. Sætre
Dopo l’incantevole Verdens verste menneske, semplicemente conosciuto in Italia con il titolo La persona peggiore del mondo, il palcoscenico cinematografico norvegese tira fuori dal cilindro un altro piccolo capolavoro della commedia drammatica. Il film in questione risponde al nome di Ninjababy, un gioiellino presentato alla 71esima edizione del festival internazionale del cinema di Berlino, nella sezione Generation 14plus.
La pellicola è l’adattamento cinematografico della graphic novel Fallteknikk di Inga H. Sætre, tradotto in sceneggiatura da Johan Fasting e portato in scena dalla regista Yngvild Sve Flikke.
La trama è molto semplice ed in gran parte riconducibile ad una pletora di prodotti similari, o che comunque condividono un tema portante comune: una ragazza di 23 anni, Rakel (Kristine Kujath Thorp), scopre bruscamente di essere incinta dopo l’avventura di una notte. La notizia sconvolge particolarmente la ragazza che si trova trasportata dal suo caos interno – ed esterno, se ci sofferma ad osservare la stanza in cui vive -, ad un improvviso ed obbligato senso di responsabilità verso il nascituro. La soluzione è una soltanto: abortire… dopotutto in Norvegia è possibile farlo. Una volta arrivata all’ospedale ad effettuare la (non tanto) sofferta scelta, Rakel si renderà conto che il bimbo cresce in lei da ben sei mesi e mezzo: un bebè che ha saputo annidarsi nella sua pancia senza dare nessun segno, senza nemmeno provocarle il classico pancione da gravidanza, silenzioso fino a quando non arriverà il momento di uscire: un vero Ninjababy.
Sulle prime battute il film sembrerebbe condividere molto con altre pellicole che trattano di tematiche analoghe, come il Juno di Jason Reitman, oppure il recentissimo La scelta di Anne – L’Événement, che si è aggiudicato il Leone d’oro alla 78° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sebbene il confronto con queste due opere sia arduo, la pellicola diretta dalla Flikke prende una strada propria, un percorso che rende Ninjababy un prodotto incredibilmente autentico, originale ed imperdibile.
Se L’Événement trattava il tema dell’aborto in maniera cruda, spietata e straniante, la pellicola Norvegese vira su toni decisamente diversi: la protagonista viene vestita di un’apparente leggerezza ed irriverenza che dona al prodotto una nota umoristica apprezzabile seppur conservando una certa amarezza di fondo, sempre più accentuata andando avanti con le vicende narrate.
L’impeccabile scrittura permette di elevare Ninjababy a manifesto femminista di emancipazione, un quadro perfettamente autentico di libertà, di pensiero e di espressione sessuale, di una giovane donna che sceglie di dedicare a se stessa il tempo a disposizione, nel modo che ritiene più opportuno. La sessuofobia imperante e il bigottismo maschilista vengono spazzati via da sequenze di affermazione di indipendenza dirette con maestria. Una semplicità e naturalezza tale da far capire come tale libertà debba necessariamente essere integrata in qualsiasi tessuto sociale evoluto.
Come ne La persona peggiore del mondo viene ritratto un quadro di incertezza giovanile molto chiaro, una figura instabile che non riesce mai trovare un proprio percorso e piuttosto rimbalza da una parta all’altra: Rakel potrebbe diventare guardia forestale, astronauta o addirittura disegnatrice di fumetti. Quest’ultima vocazione permette alla regista di mettere in scena diverse rappresentazioni grafiche a schermo, disegni rappresentanti le idee ed i pensieri che la nostra protagonista cova nella propria testa. È attraverso questo escamotage, inoltre, che viene rappresentata su schermo dell’idea di Feto con la quale la nostra protagonista intrattiene diversi scambi di pensiero che portano a risvolti talvolta comici e talvolta profondamente riflessivi.
La macchina da presa non fa uso di nessun tipo di virtuosismo registico, anzi, invisibile, segue i nostri protagonisti durante il lineare decorso della narrazione. La trentenne originaria di Oslo Kristine Kujath Thorp è semplicemente eccezionale nei panni di Rakel, mettendo in gioco una varietà espressiva perfettamente in grado sia di rappresentare la leggerezza dei vent’anni, sia il turbamento portato dalla continua lotta interiore in merito alla scelta di tenere o meno il bambino. Accanto a lei riconosciamo Nader Khademi nei panni del presunto padre del Ninjababy e Arthur Berning nelle vesti di ‘Minchia Santa’ (in originale: Pikkjesus).
Perfino la componente romantica del film è perfettamente calata nel contesto narrativo, non risultando mai troppo forzata o eccessivamente melensa. La dinamica che porta i due protagonisti ad avvicinarsi è invece delicata, spontanea e naturale senza però mai portare ad una contraddizione nello sviluppo caratteriale di Rakel, che arriverà all’agrodolce finale in maniera semplicemente perfetta e coerente con se stessa.