As Bestas recensione film di Rodrigo Sorogoyen con Marina Foïs, Denis Ménochet, Luis Zahera, Diego Anido, Machi Salgado e David Menéndez
Quanta violenza, sommessa e manifesta, compiono le bestie di Rodrigo Sorogoyen. È chiaro fin dalle battute iniziali di As Bestas, in cui una discussione nel bar di uno sparuto assembramento di case al limite del concetto di villaggio sembra sul punto di sfociare in un bagno di sangue. Siamo nel Nord della Spagna ma anche in una comunità fatta di relitti umani che si spaccano la schiena in ogni condizione atmosferica e che hanno lo stesso odore della merda. Comanda il più forte, il più ferale ma il suo potere si esercita su asperità e sbronze che sfocano i contorni delle giornate.
Xan (Luis Zahera) è il signore di queste macerie e pensa di detenerne il destino. Una compagnia norvegese ha individuato nel suo territorio il sito per la costruzione di un impianto eolico, che priverebbe gli abitanti della terra custodita a lungo in cambio di una grossa somma di denaro. Niente più sudore, fine del fetore, ma ci vuole il voto di tutti. La sua influenza arriva ovunque ma non su Antoine e Olga (Marina Foïs e Denis Ménochet), una coppia di stranieri stabilitisi con l’intento di ristrutturare antichi casolari e vivere di agricoltura sostenibile.
C’è un impasse, con due visioni incompatibili su un oggetto conteso. La legge degli uomini perde efficacia man mano che ci si allontana dalle città, lasciando che le dispute si tramutino in faide. L’istinto si sostituisce alla logica e Rodrigo Sorogoyen non risparmia nessuna tappa della spirale di violenza che si consuma nell’entroterra galiziano. La vera punta di diamante del cast è la rarefatta tensione che viene fabbricata alla perfezione grazie alla sinergia tra ambiente, attori e sceneggiatura. Si inarca e si distende seguendo la costruzione di un classico thriller, trasportando chi guarda in una situazione di pericolo imminente a cui sembra impossibile sfuggire.
Al culmine, quando il film si incrocia con la sequenza programmatica al ralenti degli aloitadores che domano cavalli selvaggi a mani nude, As Bestas sterza invece verso un’altra direzione e oppone alla ferocia sistematica la fermezza della ragione regalando al pubblico un quarto atto in cui la verità sgorga in maniera lenta ma inesorabile. Con guizzo autoriale, il regista rompe la ringkomposition per evitare che la preziosa atmosfera costruita seguendo le regole si accomodi nell’ordinarietà di un finale telefonato. Ci si illude che si possa sottomettere qualsiasi cosa con la forza, tanto una storia quanto un essere vivente, ma in realtà quando la pressione si allenta ne viene fuori lo spirito.