Akira 35th recensione film d’animazione di Katsuhiro Ōtomo in formato 4K distribuito da Nexo Digital e Dynit per il 35esimo anniversario dell’anime giapponese
Ritorna al cinema grazie a Nexo Digital e Dynit in una versione restaurata trentacinque anni dopo il suo debutto nelle sale Akira, il film d’animazione del 1988 basato sull’omonimo manga di Katsuhiro Ōtomo. Diretto dallo stesso Otomo, Akira è uno dei capolavori più audaci dell’animazione giapponese, ancora oggi modello super imitato e sotto tanti aspetti irraggiungibile.
Akira 35th: la trama
È il 2019: sono passati 30 anni dalla terribile bomba atomica che ha distrutto Tokyo e dato avvio alla Terza Guerra Mondiale. La capitale giapponese, ormai Neo Tokyo, è stata ricostruita, ma la città è ancora segnata da un certo degrado: le disuguaglianze accentuano le differenze di status tra ricchi e poveri, e le strade sono piene di giovani motociclisti che si sfidano in corse furenti. Tra questi, ci sono Kaneda, leader coraggioso di una gang sbandata, e Tetsuo, amico d’infanzia di Kaneda più giovane e insicuro. La pericolosa monotonia dei due è sconvolta quando entrambi restano coinvolti in un misterioso programma militare: il cosiddetto Progetto Akira.
Vittima di tale progetto è soprattutto Tetsuo, il quale, dopo un incidente con uno bambino dagli inquietanti lineamenti senili, viene rapito da un contingente militare comandato dal rigido colonnello Shikishima. È proprio Kaneda, aiutato dagli altri membri della sua banda e da Kai, una ragazza di cui il giovane s’invaghisce presto, a prestare soccorso all’amico. Le conseguenze sono imprevedibili: tutti restano invischiati nel tentativo da parte di un team di scienziati di domare con una serie di esperimenti un potere sovrumano. Il potere, appunto, di Akira: un bambino studiato qualche anno prima per le sue pericolosissime capacità psicocinetiche, sperimentate rovinosamente da Tetsuo.
La perfezione della tecnica
La genesi di Akira è assai ricca ed esemplificativa. Prima del folgorante fumetto e dell’uscita in sala, l’opera che più ha consacrato Ōtomo era stata anticipata da alcuni fumetti che ne avevano anticipato stile e tematiche: Fireball, del 1979, e Domu – Sogni di bambini, del 1980. Scenari fantascientifici, contesti socio-cultarali degradati e personaggi psicologicamente stratificati già caratterizzano questi primi manga, preannunciando l’arrivo di un prodotto che, a conti fatti, ha segnato per sempre la storia dell’animazione giapponese. Dopo lo straordinario successo dell’anime, che fa il suo esordio assoluto nel dicembre 1982, arriva nel 1988 il film. Un trionfo immediato.
Grazie alla cosiddetta Akira Committee, una nutrita schiera di compagnie di produzioni giapponesi, il capolavoro di Ōtomo ha potuto contare su un budget esorbitante: circa un miliardo di yen, una cifra dieci volte superiore rispetto a quella che solitamente veniva stanziata allora per un normale film d’animazione giapponese. Un costo, però, che si rivelò necessario per permettere a più di 1300 animatori di realizzare un’opera tecnicamente infallibile e profonda, che rivelasse la grande qualità offerta da un genere che, parecchio conosciuto in patria, faticava non poco a imporsi fuori dai confini nazionali. Akira, sotto questo punto di vista, è stato un vero e proprio spartiacque.
Una vetta ancora difficile da raggiungere
Ed è proprio il grandioso impatto visivo il punto di forza di Akira. La fluidità dell’animazione, coordinata dalla regia di Ōtomo a dir poco perfetta, ha sicuramente fatto scuola, facendo da apripista a molti anime successivi. Sorprende ancora oggi la perizia tecnica di un film che, doveroso ricordarlo, è realizzato quasi del tutto a mano, fatta eccezione per qualche scampolo di computer grafica nelle scene più “ingestibili”. Inoltre, è impossibile non trattare quel calderone di tematiche che Akira affronta con lodevole maestria; quelli maggiormente sviscerati sono di certo la costante angoscia nipponica per il nucleare e l’amicizia in chiaroscuro di due giovani reietti.
Ma i pregi dell’opera non finiscono qui; ci sono le appassionanti sequenze adrenaliniche, le significative e mai banali riflessioni di natura politica e religiosa, l’estetica cyberpunk mai così idonea per mostrare un’umanità ormai disumanizzata. Tutti punti a favore che oscurano qualche inevitabile difetto della narrazione, la quale risente non poco della vastità di un universo così mirabilmente delineato in quell’opera fiume che è l’omonimo manga.
Chiudendo un occhio su alcune scappatoie un po’ semplicistiche, forse necessarie per condensare in poco più di due ore una storia potenzialmente infinita, Akira è un titolo imprescindibile per tutti, anche per chi ha poca dimestichezza con gli anime.