Svegliami a mezzanotte recensione film documentario di Francesco Patierno con Fuani Marino e Eva Padoan all’UnArchive Found Footage Fest
Svegliami a mezzanotte, all’interno della prima edizione dell’UnArchive Found Footage Fest, viene presentato come un documentario, ma è uno di quei casi in cui le etichette sono maledettamente strette. Forse sarebbe più giusto parlare di trasposizione dell’omonimo libro autobiografico di Fuani Marino – coinvolta nella sceneggiatura e chiave di volta del progetto – eppure la forma elaborata da Francesco Patierno guarda alle immagini d’archivio per sostenere l’energia di una storia che ricongiunge la vita alla morte.
Una giovane donna, da poco diventata madre, decide di farla finita gettandosi dall’ultimo piano di una palazzina in un tardo pomeriggio estivo.
(Svegliami a mezzanotte)
Quel tentativo di suicidio non ha avuto successo e Svegliami a mezzanotte è la ricostruzione del contesto che ha portato questo evento ad accadere. Attenzione, non si cercano le cause, non si tratta di una sessione di gioco di Cluedo in cui bisogna identificare il dove, il come e il chi a tutti i costi. L’impianto narrativo trasuda necessità di trovare il bandolo di una matassa delicatissima e troppo spesso ignorata esplorandone gli interstizi più bui e difficili. Sembra quasi di riascoltare Pier Paolo Pasolini in Empirismo eretico: “finché siamo vivi, manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza), è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile. Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci“. Quella donna ha avuto un’esperienza di morte e tanto il libro quanto questo film rappresentano il tentativo di fare un po’ di chiarezza.
Francesco Patierno fornisce alla narrazione di Fuani Marino un coro di immagini dell’Archivio Luce, come in un’antica tragedia da greca, che puntellano la voce narrante di Eva Padoan. Sottolineano, spostano il focus in altre direzioni, si muovono agevolmente tra generale e particolare, scegliendo con attenzione il materiale a disposizione e quello fabbricato ad hoc per il documentario. Le parole, prima manifestazione esterna di un percorso interiore, si fanno immagini e acquiscono una tridimensionalità che rende reale e vivido il percorso della giornalista napoletana.
Svegliami a mezzanotte è l’incarnazione di un processo intimo e la naturale evoluzione della metabolizzazione già avvenuta su carta. Prova a far vedere quello che per anni è stato sepolto nel dolore e nelle cicatrici, senza risparmiare nulla. È cinema del reale contaminato da un cinema onirico, ma anche terapia del dolore e un lavoro immane sulla fragilità personale. Che, ad oggi, è ancora faticosamente in corso senza poterne pronosticarne la fine.