Home Invasion recensione film diretto ed interpretato da Graeme Arnfield presentato al Festival di Berlino 2023 nella sezione Forum
Il rapporto tra schermo e spettatore è antichissimo, d’altro canto risale proprio alla nascita del cinema. Una connessione di intenti che sin dalle prime immagini proiettate non ha mai smesso di esistere e di cercare di aprirsi a nuove fusioni. Infatti, oggi per vedere un film esistono diverse metodologie, la visione al cinema viene sempre più accantonata per dare spazio a quella casalinga, di solito in televisione o sul PC, ma negli ultimi anni anche sul cellulare: un’aberrazione per molti, una solida realtà nel mercato distributivo cinematografico.
Home Invasion, ultimo film di Graeme Arnfield, regista indipendente già noto ai più grandi festival europei, come ad esempio la Berlinale che lo ha ospitato nell’ultima edizione del 2023 nel concorso collaterale Forum (solitamente composto da opere di autori emergenti e di nomi importanti del cinema off), racconta proprio del rapporto tra schermo e spettatore (si fa però più volte riferimento alla nascita del campanello come oggetto “infernale”), ma sotto una nuova luce: lo spioncino della porta come occhio che osserva e dialoga con il mondo.
Se una volta c’era “l’occhio che uccide” (per citare il capolavoro, assai innovativo per gli anni, di Michael Powell), adesso lo stesso ha smesso di perpetrare violenza, poiché ciò che gli accade intorno ha preso dei connotati ancor più inquietanti. Ormai a far rabbrividire non è più il serial killer di turno (un esempio lampante è la saga The Purge, in italiano La notte del giudizio), ma l’intero sistema umano sempre più vicino al collasso. La società odierna fa così paura, a tal punto da aver portato il cinema a confrontarsi con essa in tutte le sue sfaccettature, mettendo da parte la figura del singolo attante che si macchia di crimini atroci.
Come giustamente avvisava in Noi il regista Jordan Peele, ora il male si può annidare sulla pelle di qualsiasi essere vivente, basta semplicemente una scintilla per mandare in tilt il pensiero e la ragione. La troppa violenza nelle strade ha incattivito le persone, facendole diventare insicure.
È proprio qui che il discorso portato avanti dal regista di Pervading Animal, tramite l’utilizzo di angoscianti didascalie che con il passare dei minuti si trasformano in una strana guida tecnica per la sopravvivenza, prende forma e mette a confronto, una volta di più, la vittima con il carnefice, arrivando ad una confusione totale dei ruoli.
Il nuovo documentario di Arnfield non è solo un excursus sui concetti di schermi, spettatori e brutalità, ma è anche un interessantissimo viaggio nell’arte e nel cinema, dove i due mondi si incontrano e dialogano tra di loro, un’ovvietà (forse) visto che il più famoso sistema produttivo artistico viene chiamato la settima arte. Come detto all’inizio, il cinema sin dagli albori, grazie a registi come David Wark Griffith che fu tra i fautori del medium come schermo-riflesso di una realtà apparente e citato a più riprese dallo stesso Arnfield nel suo lavoro, si è concesso il brivido di immergere lo spettatore in storie di finzione, ma con alcuni elementi realistici, quasi come se volesse portarlo in un universo dove la fantasia è più vicina alla realtà di quanto si possa immaginare. In parte si può dire lo stesso dell’arte intesa come produzione di quadri e sculture, l’attrazione tra opera e pubblico è grossomodo la medesima, cambia inevitabilmente la visione e l’approccio. Vedere un film non è (come giusto che sia?) simile ad osservare un dipinto, ma allo stesso modo possono entrambe le arti fornire gli stessi strumenti per apprezzare o meno quel lavoro.
Home Invasion colpisce perché riesce brillantemente a mettere tensione con pochi elementi (un campanello, delle scritte su schermo e una voce narrante a fare da contorno) in maniera semplice, ma efficace e senza strafare, condensa immagini e sensazioni davvero raccapriccianti pur non essendo dichiaratamente un film dell’orrore.
Graeme Arnfield con questo suo primo, a tutti gli effetti, lungometraggio pensiamo che possa diventare una voce più che autorevole del panorama indipendente, poiché si è dimostrato bravo a mettere su schermo un nuovo modo di rappresentare il rapporto tra schermo e spettatore, pur rimanendo ancorato a dei concetti tradizionali. Non ci resta che aspettare il prossimo lavoro di un autore fresco e per certi versi innovativo.