Bellezza, addio recensione documentario di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese con Barbara Alberti, Antonella Amendola, Ulisse Benedetti, Franco Cordelli, Ninetto Davoli e Giuseppe Garrera
Oggi non si parla più di poesia. La poesia intesa come forma letteraria che ha forgiato gli anni ’90 e ancora prima tutta la letteratura a partire da Dante Alighieri per proseguire fino agli autori successivi. Barbara Alberti afferma che negli anni ’90 tra le vie di Roma era possibile incontrare tantissimi poeti e scrittori che godevano di un certo prestigio: tra i tanti Sandro Penna, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante. E all’interno di una stagione culturale prolifica emergeva anche il controverso Dario Bellezza, che non le mandava certo a dire. Si pensa che la poesia sia finita con la morte di Pasolini il 2 novembre 1975. Da allora, vivere di poesia non è più stato concepito.
Bellezza, addio non è solo il titolo del documentario di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese, presentato in anteprima mondiale alla 59ª edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, duo di casa ormai al festival dopo il successo de Il caso Braibanti (2020). Bellezza, addio è un omaggio, un saluto contemplativo, un addio all’arte della scrittura, all’espressione letteraria scritta nero su bianco. Testimonianze di Renzo Paris e Franco Cordelli, amici del “nostro poeta maledetto”, si alternano a immagini di repertorio e aneddoti narrati da chi l’ha conosciuto per il suo talento precoce, il suo linguaggio esplicito, la sua passione per gli uomini ma soprattutto per le donne, con le quali forse aveva instaurato un legame più solido. Ma chi era davvero Dario Bellezza?
“Miglior poeta della nuova generazione” diceva Pasolini. Per il suo modo di parlare, di scrivere, di rispondere senza mezzi termini e per rimettere al centro l’io lirico nella poetica della Neoavanguardia italiana. Dario Bellezza è stato un uomo che aveva vissuto il trauma collettivo di quegli anni, nello scandalo che lo aveva travolto e “sbattuto” in prima pagina per aver sperimentato una cura contro l’AIDS. Nel ’96 chi si ammalava di quel virus allora sconosciuto veniva tacciato come un appestato, da tenere alla larga perché contagioso. È lì che Dario Bellezza si chiudeva in se stesso, si rifugiava dentro il mondo per cui valeva la pena continuare a sopravvivere e ne usciva solo per dare l’ultimo commiato alla società che lo aveva escluso, molti anni dopo i suoi incontri culturali, trasmissioni televisive e una posizione lavorativa come sottosegretario di Pier Paolo Pasolini.
Bellezza, addio è il ritratto di una vita travagliata, costruita sulle parole di amici, ammiratori (Ninetto Davoli tra i molti che racconta sullo sfondo di un noto film pasoliniano) e sull’archivio privato acquistato dal collezionista Giuseppe Garrera che hanno lodato il poeta per la sua profonda componente poetica lasciata in eredità alle generazioni a venire. Bellezza, addio è commozione e riflessione per un artista del XX secolo non compreso dalla cultura di quel tempo e dalla famiglia, in primis la madre. Ricordi che affogano in quel mare blu che toglie il respiro da cui è riuscito a riemergere. Ricordi che muoiono sul colore del Tevere a Roma, con lo sguardo del “Rimbaud di Monteverde” in primo piano e una malinconia sul viso di colui che muore su quelle acque da cui tutto ha avuto origine.