Finalmente l’alba recensione film di Saverio Costanzo con Lily James, Joe Keery, Willem Dafoe, Rachel Sennott, Alba Rohrwacher, Enzo Casertano, Michele Bravi e Rebecca Antonaci
Il cinema come sogno, come viaggio iniziatico alla vita adulta.
In Finalmente l’alba, presentato in concorso all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Saverio Costanzo, qui in veste di regista e sceneggiatore, nell’arco di una sola, fatidica notte dà vita al cambiamento della giovane Mimosa (Rebecca Antonaci).
Dopo aver accompagnato sua sorella maggiore a un provino a Cinecittà, Mimosa cattura l’attenzione della star internazionale Josephine Esperanto (Lily James) durante le riprese di un colossal, in cui recita al fianco del giovane e affascinante Sean Lockwood (Joe Keery).
Quando Mimosa si trova in difficoltà per tornare a casa, sarà la bella Josephine a offrirsi di darle un passaggio. Questo sarà per la ragazza l’inizio di una notte indimenticabile, dopo la quale non sarà più la stessa
Finalmente l’alba: il cinema è un sogno a occhi aperti
Con i suoi occhi sognanti e la purezza di una novella Alice, Mimosa si avventura nel mondo della Cinecittà degli anni ’50 con l’inconsapevolezza di chi nulla conosce dei meccanismi di quell’universo visto solo attraverso le copertine patinate dei negozi.
La sequenza di apertura con cui Costanzo inizia il film ci trasporta nell’Italia del dopoguerra, quando il cinema rappresentava l’unica via di fuga dagli orrori vissuti. Un sogno bellissimo, lontano e in bianco e nero, nel quale Mimosa ama perdersi e di cui conosce a memoria ogni volto. Lei sogna di vivere il cinema, non per diventare una grande star, ma perché desidera poter anche solo respirare la stessa aria delle grandi stelle come Alida Valli (Alba Rohrwacher) o Josephine Esperanto. Davanti alla magnificenza del cinema osserva ogni cosa con uno sguardo incantato e innocente, ancora ignara dei pericoli che quel mondo apparentemente perfetto nasconde.
Un avvenimento cruento però sconvolge i protagonisti: la morte di Wilma Montesi, ventunenne aspirante attrice, trovata senza vita su una spiaggia del litorale romano nell’aprile del 1953.
Il regista ha raccontato come l’idea iniziale fosse quella di scrivere un film proprio sul misterioso omicidio – ancora oggi irrisolto – della giovane attrice. Tuttavia, in seguito, ha preferito optare per un’approfondita esplorazione del tema del riscatto attraverso il personaggio di Mimosa.
Un film che regala la meraviglia…ma non fino alla fine
Rebecca Antonaci è un’eccellente giovane interprete, in grado di dar vita a una Mimosa convincente e autentica. Una prova attoriale di grande pregio, soprattutto, se si considera il cast di comprimari a cui si affianca: Lilly James, Joe Keery, Willem Dafoe, Rachel Sennott, Alba Rohrwacher.
Con ciascuno di loro, Costanzo crea autentiche rappresentazioni: l’attrice navigata e delusa, l’affascinante nuova star di Hollywood e la giovane promessa che invidia il carisma delle colleghe più esperte. La storia si colora di autentici personaggi, archetipi dei volti del cinema degli anni ’50. In mezzo a tutti loro, Mimosa si muove con grazia, inconsapevole del suo potere più grande: essere fedele a sé stessa, rimanendo autentica. Essere l’unico volto in mezzo a tante maschere.
Grazie ad una produzione di alto livello, Costanzo riesce nel suo intento di mostrare con chiarezza l’iniziazione di Mimosa, attraverso una Roma notturna che trasuda cinema da ogni angolo.
Tuttavia, se le premesse convincono e la storia mescola dramma e sogno, il film traballa e diventa, infine, verboso e prolisso nella parte finale, complice una CGI che non convince appieno e una sequenza di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.
Eccessivamente ridondante nel suo finale, Finalmente l’alba è un film che riesce a restituire al suo pubblico il fascino del cinema, la sensazione di meraviglia di fronte al grande schermo e ai suoi protagonisti, ma non riesce a mantenere viva la magia fino alla fine.