Origin recensione film di Ava Du Vernay con Aunjanue Ellis-Taylor, Jon Bernthal, Niecy Nash-Betts, Vera Farmiga, Audra McDonald, Nick Offerman, Connie Nielsen, Jasmine Cephas Jones e Victoria Pedretti
Ispirato al romanzo Caste: The Origins of Our Discontents della scrittrice premio Pulitzer Isabel Wilkerson, Origin è l’ultima imponente opera della regista Ava Du Vernay che torna a parlare di disuguaglianze e razzismo dopo la serie Netflix When They See Us e il documentario candidato all’Oscar XIII Emendamento.
Il libro di Isabel Wilkerson (interpretata nel film da Aunjanue Ellis-Taylor) indaga sul problema delle classi sociali evidenziando come, attraverso questo impianto strutturale, la segregazione dei neri in America, l’Olocausto e il sistema delle caste in India abbiano tutti una radice comune.
Attraverso un lungo e complesso lavoro di ricerca, la Wilkerson ha raccolto testimonianze provenienti da tutto il mondo per dimostrare la fondatezza della sua tesi.
Origin traccia dettagliatamente il percorso di Isabel a partire dal momento in cui ha vinto il Pulitzer, avvenuto nei giorni in cui negli Stati Uniti imperversava il movimento Black Lives Matter.
Nonostante Isabel desideri mettere in pausa il lavoro per prendersi cura della sua anziana madre, un suo collega giornalista, in disaccordo con suo marito Brett (interpretato da Jon Bernthal), la invita ad indagare su un caso avvenuto nel 2012: l’omicidio di Trayvon Martin, un giovane ucciso da George Zimmerman mentre tornava a casa.
Inizialmente, Isabel rifiuterà la proposta ma dopo la perdita della madre prenderà la decisione di intraprendere un lungo viaggio di studio per cercare i collegamenti che possano sostenere la sua tesi sulla problematica delle stratificazioni sociali.
Malgrado sia colpita da un profondo dolore, il coraggio e l’ambizione la guideranno in una rivoluzione degli studi sulle discriminazioni e disuguaglianze, che culminerà nella pubblicazione del libro.
Ava Du Vernay dirige un’imponente opera che non conquista del tutto
Attraverso un montaggio che alterna il passato, il presente, la vita privata e la ricerca sul campo di Isabel Wilkerson, Ava Du Vernay prova a condensare l’enorme mole di informazioni contenute nel libro per poter mostrare al pubblico quanto le radici delle discriminazioni sociali e culturali siano profondamente insite nella società in un complesso sistema di caste.
La difficoltà maggiore del film – che tuttavia rimane un’opera essenziale da vedere – è quella di narrare insieme le vicende personali della protagonista, il dolore e il lutto che la colpiscono, mostrando al contempo le approfondite ricerche condotte sul campo per trovare prove a sostegno della sua tesi.
Il risultato è un racconto tangibile e complesso, particolarmente avvincente quando si focalizza sul lato prettamente investigativo, mettendo in chiara evidenza la natura di documentarista di Ava DuVernay. In confronto, la narrazione delle vicende personali della protagonista risulta relativamente debole e forzata sullo schermo.
Sebbene il film possa contare sull’ottima interpretazione del cast – con Ellis-Taylor in primis insieme a Jon Bernthal – non riesce tuttavia a conquistare del tutto lo spettatore, rivelandosi a volte macchinoso nei diversi passaggi.
Eppure di Origin sentiremo parlare a lungo, perché al di là di un racconto che, in alcuni punti, fa fatica a procedere, resta una visione necessaria e dolorosa, capace com’è di gettare nuova luce sulle origini di alcuni dei più grandi crimini contro l’umanità che siano mai stati perpetrati.