Yannick – La rivincita dello spettatore recensione film di Quentin Dupieux con Raphaël Quenard, Pio Marmaï, Sébastien Chassagne e Blanche Gardin
Possiamo parlare di come il teatro e il cinema siano due forme d’arte strettamente correlate tra loro. Conclusioni soggettive non tarderebbero ad arrivare. Quentin Dupieux tuttavia prenderebbe la sua macchina da presa e risponderebbe a tali conclusioni con l’ultimo suo film da “commedia dell’arte” per inquadrare qualcuno che a un certo punto avvezzo a scardinare le regole del gioco dice seccato la propria.
Nei suoi 67 minuti di durata complessiva, Yannick – La rivincita dello spettatore ‒ Premio Europa Cinemas Label come Miglior film europeo al 76esimo Locarno Film Festival e presentato fuori concorso al 41esimo Torino Film Festival ‒ il protagonista si prende la scena e si siede comodamente tra il pubblico in platea e i tre attori che recitano una tragicommedia degli equivoci scialba, poco puntellata e con più bassi che alti.
Al cinema si parla di rottura della quarta parete quando lo sguardo dello spettatore viene chiamato in causa per partecipare attivamente alla storia.
Quentin Dupieux (Mandibules, 2020) fa esattamente la stessa cosa ma rompe anche il vincolo cinematografico: è il teatro il vero protagonista, è il patto comunicativo tra la messa in scena dal vivo e lo spettatore che assiste in quel momento che salta. Accordo che viene prosciolto da un guardiano notturno di nome Yannick (Raphaël Quenard) quando, nel bel mezzo della performance si alza in piedi per rimarcare la sua profonda delusione per lo spettacolo che sta vedendo.
Yannick – La rivincita dello spettatore ‒ girato tutto in interni, la platea e il palcoscenico di un teatro di periferia ‒ scardina le regole della rappresentazione teatrale e si carica di un colpo di scena surreale, salvifico in maniera inspiegabile, enfatizzato da Yannick disgustato e dal suo evidente esaurimento nervoso. Copiosamente deriso, un applauso beffardo scatena la sua voglia di prendere il controllo della situazione per agire a suo modo. C’è solo una soluzione alla sua ribellione: una pièce divertente scritta di proprio pugno per intrattenere il pubblico.
Quentin Dupieux dirige un film in cui annulla la distanza tra attore e pubblico. I ruoli preconfezionati si mescolano, le maschere pirandelliane cadono davanti alla prima parola di disapprovazione. La rivincita è servita: la sua dilettevole opera teatrale è pronta per andare in scena. Gli attori come tanti burattini scendono dal loro piedistallo per ripristinare il controllo che non riescono più ad avere. E Yannick, troppo annoiato dalla sua vita monotona, alla ricerca di quell’ora di evasione si rifugia in un tempio dell’arte per raggiungere il suo momento di stasi.
Ancora una parete deve essere abbattuta: il muro della brutta rappresentazione scenica per vestire i panni di un regista dietro le quinte, salire sul palcoscenico, nascondersi dietro il sipario rosso e scrivere da capo una commedia spassosa per il pubblico. Ma il prezzo da pagare è alto.
Yannick – La rivincita dello spettatore è la storia di un uomo annichilito che si rifugia nel caro e vecchio luogo prediletto dell’arte prima di sprofondare nel buio del suo paradossale (anti)eroismo contemporaneo. E lo sguardo finale, con una lacrima che scende e bagna il suo viso di stupore manifesto la dice lunga.