La memoria dell’assassino recensione film di Michael Keaton con Michael Keaton, Al Pacino, Marcia Gay Harden e James Marsden
Cosa può andare storto se ti restano poche ore di vita a causa di una brutta malattia (tranquilli, lo si scopre praticamente all’inizio) e per il tuo lavoro è necessario essere assolutamente lucidi? Beh, praticamente tutto.
Questo è ciò che accade al personaggio intrepretato da Michael Keaton nel suo secondo film da regista La memoria dell’assassino, dopoo The Merry Gentleman del 2008.
John ‘Aristotle’ Knox (Keaton) è stato per anni considerato uno dei sicari più letali e infallibili di sempre. Un uomo che ha costruito intorno a sé un grande rispetto da parte dei colleghi i quali, in maniera scherzosa, lo prendono in giro per la sua serietà e professionalità. Ora, a causa di un male pressoché incurabile, deve fare i conti con sé stesso. Tuttavia, dimenticare il passato non è affatto semplice, soprattutto se c’è un figlio (James Marsden, Ciclope nella saga cinematografica degli X-Men) mai sopportato che chiede aiuto.
Ben presto Knox si renderà conto che uscire di scena e mettere fine alle proprie ossessioni è ben più difficile del previsto. È un viaggio di sola andata all’inferno, dove la resa dei conti arriva dal suo capo malavitoso (Al Pacino) che non è affatto contento del suo abbandono dal crimine organizzato.
Michael Keaton con La memoria dell’assassino – in originale Knox Goes Away, un tentativo di giocare con la perdita della propria identità – racconta di un uomo tutto d’un pezzo che precipita nel caos totale, afflitto non solo dalle difficoltà della vita, ma anche da un evento traumatico del passato che non riesce a superare.
A far da cornice a questa crisi mentale e fisica è una Los Angeles vagamente spettrale. Tuttavia, la città è rappresentata in modo poco originale e deludente, come se fosse un modello preimpostato di una generica location per un thriller notturno. La fotografia, infatti, non riesce a catturare l’essenza della città, risultando stereotipata e priva di autenticità.
Dimenticate qualsiasi possibile paragone con Bersaglio di notte di Arthur Penn con protagonista Gene Hackman. Un confronto sarebbe non solo imbarazzante, ma del tutto insostenibile. Tra i momenti più confusi della mente dell’assassino, che si rivela meno esperto di quanto creda (anche prima che la demenza diventasse evidente) e dialoghi raccapriccianti degni di un film di serie B, lo sfortunato Michael Keaton cerca di sostenere un thriller che appare sofisticato e intrigante. Purtroppo viene schiacciato da una sceneggiatura decisamente poco governabile.
Il risultato finale non può essere dei peggiori, ma nonostante l’impegno di Michael Keaton, noto per il suo ruolo in Beetlejuice – Spiritello porcello (di cui vedremo l’atteso seguito al festival di Venezia di quest’anno) il film rimane un thriller pseudo-psicologico senza mordente e privo di pathos. Questo è particolarmente grave, considerando il genere di appartenenza.
Al film per poter funzionare serviva una struttura di base ben più solida di quella che ha effettivamente avuto. Non basta mettere in gioco il processo degenerativo di un personaggio storicamente opposto a questo tipo di problematiche: un killer infallibile affetto da una malattia incurabile è un concetto raramente visto sullo schermo, soprattutto nel modo in cui Keaton avrebbe voluto, se solo gli fosse stato offerto un soggetto più dignitoso su cui costruire il racconto.
Per aggravare una situazione già tutt’altro che rosea, si aggiunge una delle sottotrame più intricate mai viste. In sostanza, il figlio chiede aiuto convinto di aver commesso un errore irreparabile, mentre l’assassino padre, a sua volta, sfrutta questa situazione per vendicarsi di un torto subito dal proprio figlio. Tuttavia, non si rende conto che questo rende ancor più difficile l’addio dalle scene del crimine.
Per non dilungarci su Al Pacino e il suo personaggio (ci sarebbe molto da dire su quel “fantastico” balletto, ma è meglio lasciar perdere) è stato un colpo al cuore, considerando l’immensa bravura dell’attore premio Oscar, in questo caso spesso inadeguato al ruolo affidatogli e visibilmente svogliato. Probabilmente si potrebbe pensare all’età e al fatto che abbia già dato praticamente tutto, ma un film come The Irishman è solo di qualche anno fa. Quindi tutto ciò è inammissibile.
Il secondo film di Keaton arriva a luglio nelle sale italiane distribuito da Eagle Pictures, sperando che il prossimo lungometraggio possa migliorare, magari esplorando territori più personali senza compromettere i suoi gusti cinematografici.
Il trailer italiano del film: