2073 recensione docufilm di Asif Kapadia con Samantha Morton, Naomi Ackie e Hector Hewer [Venezia 81]
Definire la categoria estetica di 2073 non è semplicissimo. Per ammissione stessa di Asif Kapadia non si tratta di un film in senso stretto, ma di un alert tanto scomodo quanto impellente in cui realtà e finzione si confondono fino a diventare un tutt’uno.
Non è la solita réclame per vendere un prodotto, o almeno, non soltanto. Per arrivare al risultato finale, infatti, sono stati utilizzati sia materiali d’archivio che scene verosimili girate virtualmente su un LED screen per dare l’idea di una continuità temporale tra l’attualità e il futuro prossimo.
Non si può neanche parlare di distopia, perché il mondo in cui Samantha Morton e Naomi Ackie tentato di sopravvivere sembra essere semplicemente uno dei probabili esiti a cui è destinata l’umanità. Un futuro piramidale in cui la quasi totalità della popolazione mondiale sarà destinata a brancolare nella polvere e nelle macerie, eccezion fatta per uno zero virgola x che la guarderà dall’alto in basso o forse dall’esterno.
E’ curioso come il film si apra con un suggestivo establishing shot, in cui un enorme grattacielo emerge da una coltre arrivando quasi a toccare il sole. Un’inquadratura richiama una delle immagini distintive de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, che per assonanza tornerà nuovamente nel corso del film.
Se l’intento è nobile, il risultato non gli rende del tutto giustizia. È vero che mai come ora qualsiasi riflessione sul mondo attuale richiede un approccio organico considerando l’effetto farfalla come un fattore strutturale. Tuttavia i collegamenti, i nemici e i cattivi introdotti in meno un’ora e mezza finiscono per creare un guazzabuglio che rischia di l’effetto di scossone alle coscienze apertamente cercato. Non aiuta nemmeno la commistione realtà esperita e immaginata che, seppur tecnicamente efficace, non conferisce il giusto pathos alla narrazione, allontanando quella sensazione di pericolo perfettamente evocata da un archive footage che sarebbe stato meglio appartenesse alla finzione.
2073 è un film che nasce in ogni caso dalla necessità di non lasciare nulla di intentato e di sfrttuare il potere residuo del cinema di toccare le coscienze degli spettatori ed è probabilmente questo che gli ha consentito di essere inserito nella selezione Fuori Concorso della Mostra del Cinema di Venezia. L’ennesima freccia nell’arco di chi è consapevole che ci troviamo sempre a 90 minuti dalla mezzanotte. Tentar non nuoce, ma si può fare di più e in maniera più convincente.