Smile 2

Smile 2 recensione film di Parker Finn con Naomi Scott

Un sequel che delude le aspettative e non riesce a eguagliare il primo film.

Smile 2 recensione film di Parker Finn con Naomi Scott, Rosemarie DeWitt, Kyle Gallner, Lukas Gage e Ray Nicholson [Anteprima] 

di Giovanni Pesaresi

Situata temporalmente subito dopo gli avvenimenti del primo film, Smile 2 ci porta nella vita di Skye Riley, una famosissima pop star con un passato complesso, segnato dalla tossicodipendenza e da un incidente stradale in cui ha perso la vita il suo fidanzato.

Riley porta con sé cicatrici fisiche e mentali di quell’evento. Con un un percorso di riabilitazione alle spalle ed un tour mondiale alle porte, la ragazza è supportata da una madre-manager estremamente esigente e da un team di persone il cui unico obiettivo sembra essere il massimo successo a dispetto dei suoi drammi personali e delle sue ferite. Tuttavia, il suicidio di un amico spacciatore, incontrato in circostanze ambigue, innescherà una catena di avvenimenti anomali e spaventose visioni che la porteranno a credere di essere stata vittima di una terribile maledizione.

Era lecito aspettarsi molto dal secondo capitolo di uno dei lavori horror più interessanti degli ultimi anni, un film che nel 2022 aveva rappresentato una rara e gradita eccezione nel panorama del cinema dell’orrore commerciale da multisala.

Senza voler essere esplicitamente cinefilo, l’esordio alla regia di Parker Finn conteneva nel suo processo creativo numerose influenze, da L’invasione degli ultracorpi a It Follows, passando per Nightmare e The Ring. In questo capitolo, sebbene le influenze sopracitate vengano riproposte, lo fanno in maniera diluita e meno incisiva, quasi per una mancanza totale di nuove idee. L’assenza di intuizioni, la fretta e l’improvvisazione sembrano essere le caratteristiche principali di questo deludente sequel, in cui si tenta di rimettere in campo le stesse carte, ormai inefficaci, piuttosto che rimescolarle e cercare nuove soluzioni

Chiaramente, anche qui il sorriso del demone è metafora di una società che impone di essere felice, circondandoti di sorrisi: dalle pubblicità ai prodotti del supermercato e ai programmi televisivi. È una società che, su tutti i livelli, tende a nascondere o persino a boicottare ogni forma di presa di coscienza, ponendosi come “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Il tema della malattia mentale è centrale nel concept di Smile, sia nel primo film che nel corto Laura hasn’t slept. Tuttavia, in questo nuovo capitolo, il tema viene banalizzato. Viene ridotto a un veicolo di intrattenimento vuoto. Nel capitolo precedente, la malattia mentale era una riflessione di grande spessore. Qui, manca la stessa profondità e significato.

La dimensione politico-sociale presente nel primo film qui viene completamente appiattita. Smile, ambientato in un ospedale psichiatrico, non rinunciava a una critica all’inefficienza delle strutture sanitarie americane e del sistema di prevenzione delle malattie psichiche, portando avanti un discorso molto caro al cinema di Hollywood.

In Smile 2 la cantante Skie Riley diventa semplicemente un contenitore di tutte le tematiche esistenziali e psicanalitiche che avrebbero dovuto essere articolate più subliminalmente nella sceneggiatura, ma che vengono invece tradotte in un continuo susseguirsi di azioni esplicite autodistruttive. Questo trasforma progressivamente la pellicola in un sanguinoso dramma adolescenziale piuttosto che in un complesso horror psicologico.

Dal punto di vista visivo, il film risulta più accettabile, ma delude comunque nel confronto con il predecessore, anche se la tecnica che il regista dimostra di possedere riesce a salvare il salvabile. A eccezione, forse, del piano sequenza iniziale, che risulta un po’ arbitrario e poco elegante; ma siamo ben lontani dai movimenti di macchina lenti e tensivi alla James Wan che caratterizzavano il primo film.

La fotografia simmetrica di Charlie Sarroff rimane blanda e non supera il compitino. Il film utilizza i jumpscare come semplici riempitivi. I raccordi di montaggio risultano spesso sbagliati e spezzano la tensione. In questo modo, il film offre una “paura” facile, invece di elaborarla o amplificarla.

L’impressione è quella di un film compromesso in partenza da una sceneggiatura difficile da mettere in scena. Le uniche vere note di merito sono la colonna sonora, piena di distorsioni e “drone sounds”, prodotta da Cristobal Tapia e la performance della bravissima protagonista Naomi Scott, che fa quasi tenerezza alle prese con uno script tanto fisicamente esigente quanto cinematograficamente stupido

Sintesi

Smile 2 è un sequel che delude le aspettative e non raggiunge il livello del primo film. Si presenta più come un sanguinoso dramma adolescenziale piuttosto che come un complesso horror psicologico

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