Sharp Corner recensione film di Jason Buxton con Ben Foster, Cobie Smulders e Gavin Drea [RoFF19]
Una famiglia si trasferisce in una bella casa isolata della Nuova Scozia. Il bambino è un po’ spaventato, ma basta poco per rassicurarlo. Marito e moglie riaccendono la fiamma che sembrava assopita. Sembrano felici. Poi uno schianto: vetri in frantumi, una ruota sfiora le teste dei due coniugi, colti nel loro momento più intimo. È avvenuto un incidente mortale, proprio nel loro giardino.
Inizia così Sharp Corner, film di Jason Buxton con protagonisti Ben Foster e Cobie Smulders mostrato alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma.
La storia ruota attorno a quella curva stretta che dà il titolo al film, un serial killer nascosto nell’ambiente, sempre pronto a colpire, e al rapporto che il padre di questa famiglia ha con essa.
Joss (Ben Foster) si dimostra sin da subito un personaggio parecchio ambiguo, e questa ambiguità di fondo cresce man mano che altri incidenti avvengano nei pressi della loro casa. La famiglia si sgretola sotto il peso di un’ossessione malsana che diventa un misto tra il voyeurismo e la necessità di dimostrare qualcosa: la propria virilità? la propria importanza nel mondo?
Questa costruzione, insieme alle ottime interpretazioni di Ben Foster e Cobie Smulders, è dovuta soprattutto alla regia subdola di Buxton, capace di costruire una tensione veramente magistrale attraverso il suono, lo sguardo e, soprattutto, il silenzio.
Joss che fissa la curva di notte, in attesa che quell’assassino silenzioso colpisca ancora, il suo sguardo che si sposta verso il figlio a cui sta leggendo un libro, verso la finestra (fuori campo) ogni volta che sente un’auto passare.
La sua ansia diventa la nostra, pur avendo motivazioni diverse. Purtroppo a disturbare questa quintessenza della suspense è l’utilizzo mal gestito degli effetti visivi, che fa sbalzare lo spettatore fuori dal film come il peggiore degli incidenti.