Le Guerre di Lucas: George Lucas e Star Wars in forma di graphic novel nel nuovo numero della rubrica Degenere
Scritto da Laurent Hopman e disegnato da Renaud Roche, pubblicato in Francia dalle Éditions Deman e in Italia da BAO Publishing, Le Guerre di Lucas è un’innovativa graphic novel che racconta dal punto di vista del regista la genesi e la complessa realizzazione del primo capitolo di Star Wars, uscito al cinema nel 1977 dopo una gestazione decennale. Graphic novel sul cinema in partenza se ne contano poche: se il passaggio dal fumetto al cinema in live action grazie al fenomeno dei cosiddetti cinecomic è diventata una prassi comune, sono rari i fumetti che mirano ad addentrarsi non solo dietro le quinte di un set cinematografico, ma raccontare tutta la realizzazione di un film, dai tavoli degli studios dove si discute la bontà di una proposta agli aspetti anche più tecnici della post-produzione, dell’effettistica e della distribuzione.
Le Guerre di Lucas prende il suo avvio dall’agosto 1976, quando un trentaduenne George Lucas, angosciato dalle pressioni produttive ricevute per completare in tempi record il suo film di fantascienza, ha un infarto che gli fa sfiorare la morte, e poi torna subito indietro a quattordici anni prima, quando Lucas, neopatentato, aveva già rischiato la vita in un grave incidente d’auto sulle vie della California. Da qui si dipana Le Guerre di Lucas, raccontando di fatto in parallelo sia la biografia del regista dall’infanzia ai 33 anni, sia la cronistoria della realizzazione di quello che è diventato uno dei film più influenti e significativi della storia del cinema.
Dopo una rapida ma esauriente serie di tavole che fanno luce sul rapporto tra Lucas e Francis Ford Coppola, sulla realizzazione travagliata di American Graffiti, e sull’originale progetto che vedeva Lucas dirigere e Coppola limitarsi a produrre il film sul Vietnam che sarebbe diventato Apocalypse Now, vediamo nelle vignette un trentenne Lucas decidere di dedicarsi al film della vita, a “qualcosa che mi renda felice, o sento che lo rimpiangerò per sempre”. Memore delle sue passioni di infanzia, Lucas inizialmente pensa a un adattamento di Flash Gordon, ma il suo editore gli richiese l’80% di percentuale di diritti d’autore sul film imponendo anche la condizione che dovesse essere Federico Fellini a dirigere la pellicola. Fu così che Lucas si mise a scrivere di getto un soggetto originale di ambientazione fantascientifica, un Star Wars ben lontano da quello poi giunto al cinema, ma già disseminato di tracce di quella che sarà la struttura narrativa finale, incentrato su un anziano generale che cerca di salvare una principessa dalle grinfie di una crudele dittatura galattica: l’anziano generale in questa primissima stesura si chiamava Luke Skywalker, poi personaggio e nome si sarebbero separati con la concezione di Obi-Wan Kenobi e del suo rapporto di mentorship col giovane protagonista Luke.
Innumerevoli stesure e innumerevoli rifiuti si susseguirono fino a quando Lucas non scoprì un libro che lo illuminò sulle tecniche di scrittura e di narrazione, permettendogli di affinare la struttura di Star Wars e al tempo stesso di comprendere le strutture profonde delle narrazioni di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Si trattava de L’eroe dai mille volti di Joseph Campbell, geniale storico delle religioni americano che – per tramite di Lucas, e del development executive Christopher Vogler – si ritrovò involontariamente a influenzare prima Star Wars e poi tutta Hollywood. “Tutti i miti del mondo raccontano la stessa storia! Re Artù, Frodo, Ercole, Krishna… è sempre la stessa storia! Il viaggio dell’eroe! Ecco cosa stavo cercando senza saperlo fin dall’inizio! Ho seguito queste regole inconsciamente, si chiama monomito ed è vecchio come il mondo”, è come la graphic novel descrive l’epifania provata da Lucas nel leggere le pagine de L’eroe dai mille volti. Campbell alla mano, Lucas riuscì a completare una sceneggiatura che suscitò un parziale interesse degli studios – ma finì per firmare con la 20th Century Fox un deal che sobbarcava la sua società, la Lucasfilm Ltd., di tutti gli oneri finanziari ed esecutivi sul progetto.
Le Guerre di Lucas procede così – evidenziando sempre bene il ruolo dell’allora moglie di Lucas, Marcia Griffin, montatrice del film e sua consigliera in tutte le fasi del progetto – a raccontare le mille peripezie che costellarono le riprese, soprattutto nella fase dello schedule che vedeva ricostruito in Tunisia il pianeta desertico di Tatooine. Nel bel mezzo delle riprese, si abbatté un nubifragio come non se ne vedevano da cinquant’anni sul deserto tunisino, tant’è vero che persino i mezzi dell’esercito nazionale e i camion fuoristrada accorsi in aiuto della produzione si trovano impantanati, ritardando ulteriormente il ripristino del set e il riavvio delle riprese. A rendere il tutto ancora più surreale, alla vista del dispiegamento di mezzi militari sul confine tra Tunisia e Algeria non mancò all’appello nemmeno la pattuglia algerina che si era insospettita sulla possibilità di un’improvvisa azione di guerra. Bello anche il ritratto che la graphic novel traccia di Alec Guinness, e dell’impatto positivo che diede la presenza sul set del leggendario attore inglese, premio Oscar due decenni prima grazie a Il ponte sul fiume Kwai, influenzando l’interpretazione dei ben più giovani coprotagonisti fino a dare loro consigli di intenzione e dizione. Immancabile, adesso che – relativamente – se ne sa qualcosa di più, anche una breve side story sulla relazione segretissima che Harrison Ford e Carrie Fisher ebbero sul set della prima pellicola della saga che avrebbe consacrato entrambi.
Il medium del fumetto si mostra piuttosto efficace a raccontare e a ricostruire le tecniche genialmente artigianali con cui vennero realizzati gli effetti speciali e visivi del primo capitolo di Star Wars e, in generale, di tutta la trilogia originale. Resta impresso il momento in cui Lucas, sotto pressione dello studios sia a livello di risorse economiche che di tempi tecnici per consegnare gli effetti fatti e finiti, chiede aiuto a John Dykstra, un giovane e promettente talento del settore consigliatogli da Douglas Trumbull, che all’improvviso ha l’intuizione salvifica: “c’è solo un modo per farcela con questa tempistica: le serve una macchina da presa guidata da un computer, capace di ripetere lo stesso movimento in automatico. Riprendiamo separatamente ciascun elemento in movimento… alla fine, sovrapponiamo tutti i piani per dare la sensazione di essere perfettamente sincronizzati, e in questo modo otterremo un effetto realistico”. Più avanti nella post-produzione del film, George Lucas e il suo team dovettero imprimere anche una vistosa accelerata al livello di fotorealismo a cui ai tempi era arrivata la tecnica del cosiddetto green screen, quando il regista e produttore si accorse che adottando la retroproiezione, come in un primo tempo previsto, gli sfondi animati in secondo piano che dovevano accompagnare ad esempio le scene con l’airspeeder tra i deserti di Tatooine si sposavano male con il girato principale con i primi piani degli attori, girati a novemila chilometri di distanza.
Decisamente coinvolgente anche la parte finale della graphic novel, che racconta l’incredibile e inaspettato successo internazionale del primo Star Wars: uscito il 25 maggio 1977 ma in una circuitazione iniziale di sole trentadue sale in tutto il territorio statunitense, Una nuova speranza seppe creare attorno a sé una lancinante aspettativa e un continuativo passaparola, con i pochi cinema selezionati che si trovavano ad andare sold out anche con gli spettacoli programmati per il sabato a ora di pranzo o per la domenica alle dieci di mattina. Lucas e consorte tre giorni dopo l’uscita delle sale erano partiti per le Hawaii proibendo a tutti di chiamarli, ma trovarono il film direttamente sui notiziari. Il successo di Star Wars sbaragliò non pochi record di soglie al botteghino, portando inaspettatamente Lucas ad avere uno straordinario potere contrattuale nei confronti della 20th Century Fox per la realizzazione dei suoi sequel: e se Le Guerre di Lucas si conclude con Lucas trionfante alle tavole delle trattative, non è da escludere che la stessa graphic novel abbia il suo prosieguo, e che Roche e Hopman procedano a raccontare il backstage dei successivi L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi.
A leggere in questa forma la storia dei primi trentacinque anni di vita di George Lucas, e dell’impatto epocale che coronò gli anni di sforzi necessari alla realizzazione del primo Star Wars, non sorprende constatare come la biografia e le imprese dello stesso Lucas siano riconducibili ad alcune delle categorie che Campbell aveva introdotto ne L’eroe dai mille volti. È inevitabile ogni qual volta che una figura si trasforma in un mito, e una vita in epopea, trovare all’interno della sua rievocazione molte delle tappe che Campbell prospettava al suo eroe – l’iniziale rifiuto della chiamata, l’incontro con arcigni guardiani della soglia quali i dirigenti degli studios, innumerevoli difficoltà di ogni tipo risolte con amuleti o magie, il ritorno a casa in qualità di “signore dei due mondi”, carico di esperienze, “libero di vivere” – e questo è particolarmente vero, e deliberato, per la trattazione che Le Guerre di Lucas fa della vita del demiurgo di Star Wars, assurta quasi a mito moderno.
Hopman e Roche si guardano bene dal criticare il loro protagonista, e forse anche questo è un limite, salvo limitarsi a riportare i due episodi della sua vita in cui un atteggiamento borderline e spericolato, in contesti diversi, gli fecero rischiare la vita; ma nella graphic novel non mancano degli spunti che fanno luce su come Lucas disponesse – chissà se al di sopra o al di sotto della “stoffa” da sognatore – di spiccate capacità imprenditoriali, confluite nella fondazione della Lucasfilm e soprattutto della Industrial Light & Magic, tuttora una delle più quotate aziende di realizzazione di VFX al mondo. Se Le Guerre di Lucas avrà un prosieguo, c’è da sperare che questi elementi siano ulteriormente approfonditi e ben più sviluppati, essendo di fatto imprescindibili per comprendere la figura di George Lucas a tutto tondo, e gli infiniti rivoli di complicazioni produttive e aziendali che, fino agli anni recenti, hanno accompagnato un franchise del calibro di Star Wars.