10 Giorni con i suoi recensione film di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi, Valentina Lodovini, Dino Abbrescia, Giulia Bevilacqua e Angelica Elli
Squadra che vince non si cambia, e Alessandro Genovesi, dopo il successo di 10 giorni senza mamma e 10 giorni con Babbo Natale, sembra averlo capito molto bene.
In questo nuovo lungometraggio, che arriverà nelle sale il 23 gennaio, esattamente cinque anni dopo il secondo film – uscito direttamente su Prime Video a causa della chiusura dei cinema per la pandemia – la famiglia Rovelli, composta da Carlo (Fabio De Luigi), Giulia (Valentina Lodovini) e i figli Camilla, Bianca e Tito, è pronta ad affrontare una nuova avventura, ricca di litigi, sorprese, emozioni e risate.
In 10 Giorni con i suoi, la famiglia si prepara a partire per la Puglia, dove la primogenita Camilla ha deciso di trasferirsi per frequentare l’università insieme al suo fidanzato Antonio. Tuttavia, Carlo non è ancora pronto a lasciare andare la sua figliola e nutre forti dubbi sia sul ragazzo che sulla sua famiglia, che considera molto diversa dalla propria.
La nuova opera di Alessandro Genovesi non si limita a mettere in evidenza le discordie e le diversità tra due tipi di famiglie, quella pugliese e quella romana, ma cerca piuttosto di favorire un dialogo e una maggiore vicinanza, rivelando in questo modo le affinità e le somiglianze.
Il passare degli anni rispetto al secondo film è evidente già dalle prime inquadrature: i grandi parlano di menopausa e pensione, mentre i più giovani iniziano a fidanzarsi, a entrare in contatto con il mondo della tecnologia, a litigare sempre di più e a sentirsi così maturi da usare parolacce e offese come intercalari.
Ciò che accomuna tutti i lungometraggi del regista, in cui Fabio De Luigi ricopre sempre il ruolo di protagonista non del tutto fortunato, è il senso costante di disagio e imbarazzo, che si riesce a trasmettere in modo particolarmente riuscito anche in questo terzo capitolo, mantenendolo dal principio alla fine.
La pellicola sorprende poiché decide di incrementare alla massima potenza il suo carattere introspettivo e riflessivo, risultando essere quasi la più matura delle tre.
Se le due pellicole precedenti puntavano maggiormente su una narrazione comica e avvincente (basti pensare che nel secondo film la famiglia è vittima di un incidente stradale con Babbo Natale), questo terzo lungometraggio – che può tranquillamente rappresentare la conclusione di una trilogia o uno dei tanti capitoli che sono già usciti o che usciranno in futuro – si avvicina anche al tono drammatico.
L’invito che i Rovelli rivolgono al singolo spettatore in sala – ancor meglio se si tratta di un’intera famiglia – è che la perfezione familiare sia un mito, impossibile e apparente.
Non esiste famiglia che sia sinonimo di perfezione e non esiste famiglia che sia sinonimo di distruzione. Ogni famiglia vive emozioni diverse, momenti negativi fatti di rabbia, urla e litigi, ma condivide una forza in grado di renderla immortale e potente: l’amore.
La perfezione è semplicemente un concetto illusorio: ci sono famiglie che, per arroganza, si presentano come perfette, incapaci di ammettere che la perfezione non esiste, mentre altre accettano che sia qualcosa di impossibile, senza però rinunciare al divertimento e alla vitalità.
La famiglia di Carlo e Giulia è una famiglia con numerosi difetti – due generazioni a confronto che si scontrano su pensieri, tematiche e modi di fare – ma non per questo si scoraggiano o smettono di amare.
Genovesi può essere considerato un regista di commedie a tutti gli effetti, e questa opera ne è l’ulteriore conferma. Si muove in un campo che ormai ha pienamente fatto suo, consapevole di come suscitare sia la risata che la riflessione. Si approccia alla pellicola con grande disinvoltura e sicurezza, qualità che, dopo anni di esperienza nel genere, può sicuramente permettersi.