L’autocelebrazione di un genio: la recensione de La casa di Jack, l’ultimo film di Lars Von Trier
Dire che Jack sia un assassino è riduttivo, quasi un’offesa. Jack è un uomo che come tutti ha un sogno, quello di diventare un grande architetto, ma le pressioni dei genitori gli impongono di fare un lavoro più comodo, l’ingegnere.
Jack si è innamorato e ha avuto una famiglia, o almeno fino a un certo punto.
Ma Jack ha anche un disturbo ossessivo compulsivo per la pulizia, e questo, per un “killer” è un vero e proprio paradosso.
Jack non gode nell’uccider le persone, anzi lo fa nel modo più banale e semplice: un soffocamento da manuale, via il dente via il dolore. Una volta che la sua vittima è morta può passare al suo vero godimento, giocarci. Taglia, cuce, modifica, asporta parti del corpo della vittima, proprio come se fosse un pezzo di marmo da modellare, una tela bianca da dipingere, o una casa da costruire.
Jack non è un killer, Jack è un artista che però usa dei materiali insoliti: gli uomini.
Lars Von Trier torna con questo nuovo lungometraggio e nonostante i precedenti complicati, lo riporta proprio a Cannes ma non esente da scalpore e commenti. A quanto pare la visione del film fa scappare il pubblico, gli spettatori sono indignati e sconvolti.
È realmente così? La casa di Jack non è un thriller e non è un horror. È un’opera psicologica, culturale, cinefila e autocelebrativa. Non è la regia a cui siamo abituati, inquadrature sporche fatte con camera a mano e con giochi di messa a fuoco. Von Trier dirige il film come se fosse un reportage, come se la camera fosse quasi una spia della storia, un occhio oggettivo e insaziabile di violenza.
Una regia che sembra riprendere quella di Dogma95 ma che in realtà presenta molti tagli di montaggio e jumpcut, rendendo il film ancora più ritmato e disturbante.
Lars Von Trier mette in scena se stesso, la sua cultura, le sue ideologie che lo hanno fatto odiare e criticare da tutti gli addetti ai lavori. Lo stesso Sandro Parenzo, Presidente della Videa ha dichiarato:
Ho distribuito negli anni ottanta il primo film di Lars Von Trier, credo si chiamasse Elementi del crimine. Un capolavoro, un acerbo prodotto di un gigante del cinema. Da alcuni anni detesto Lars Von Trier come persona, per le sue scellerate dichiarazioni, per il suo antisemitismo, così come ho detestato a suo tempo Celine che ha però lasciato uno dei grandi capolavori della letteratura del 900. Con questo spirito distribuisco oggi il suo ultimo film, per raccontare ancora una volta quanta distanza una società civile sappia porre tra uno scellerato autore e la sua opera. Perché ne La Casa di Jack c’è più cinema, più delirante passione che nel 90% dei film che normalmente escono. Nonostante Il detestabile Lars, divorato dai suoi demoni, che mai incontrerò.
(Sandro Parenzo, Presidente Videa)
Lars Von Trier è un autore controverso, sbagliato, ai limiti dell’accettabile, ed è proprio per questo che ci regala ancora un cinema d’autore che è in grado di far rimane lo spettatore immobile davanti ai titoli di coda, incapace di capire cosa ha visto e che fa fatica a ritornare alla vita reale.
Un’opera che ci fa sentire a disagio, davanti a talmente tanta cultura, arte e letteratura. Metafore e riferimenti che purtroppo ad oggi non tutti riescono più a cogliere.
Jack proprio come Dante fa la sua catabasi, la sua discesa negli inferi accompagnato da Virgilio (Bruno Ganz), non una guida ma un moderno psicoterapeuta che indaga le motivazioni delle sue azioni senza giudicare né perdonare e ponendolo davanti a una scelta, senza suggerire la risposta.
Matt Dillon interpreta magistralmente la figura di Jack, uno squartatore con quale riusciamo a empatizzare e soprattutto a “giustificare”. Dietro Jack c’è il misoginismo di Von Trier; le prime vittime sono donne “stolte”, Jack non può fare a meno di ucciderle perché gli riesce troppo facilmente, e noi ce ne rendiamo conto.
Ma qual è la casa di Jack? Sono le sue vittime, l’unica cosa che lo ha reso felice.
Il problema del film è la distribuzione italiana, che oltre ai tagli fatti alle scene più cruente, lo rende comunque vietato ai minori di 18 anni; un film che invece, ogni adolescente dovrebbe vedere.