Tutti amano la diversità. E’ una delle prime frasi a colpirmi, e viene pronunciata entro i primi 20 minuti del film, seppure da un personaggio secondario… un personaggio che, in una favola, verrebbe definito l’Aiutante Magico, colui (o colei) che svela qualcosa all’eroe, e che poi lo coadiuva nel suo percorso per diventare tale. Che questo aiutante magico sia una donna e di colore è indicativo; che questa donna sia omosessuale è distintivo, e va di pari passo con la tematica (dichiarata, dunque non si tratta di spoiler!) del film A Kid Like Jake.
Un film che parla di diversità. Una diversità soltanto apparentemente accettata, e comunque discriminante, nel bene e nel male: nel male quando si viene isolati, messi da parte, non accettati… bullizzati. Nel bene quando sembra che solo grazie alla propria diversità si possa spiccare nel sistema, come se non fosse più giusto neppure essere “persone come tante”, se si vuole essere scelti per far parte di una elìte; che si tratti di una oligarchia politica o, come in questo caso, di un semplice asilo privato.
Ma Jake, il bambino che vuole vestirsi da Cinderella, cerca soltanto di essere se stesso nel difficile cammino della propria crescita; più che l’eroe, in questa favola moderna, Jake è la principessa da salvare. Gli eroi della storia sono due, e sono una tipica coppia. E, badate bene, non ho scritto “una tipica coppia americana”, che è quasi il must di ogni film che proviene da oltreoceano; no: Greg e Alex (sarà un caso che il nome della mamma sia così androgino?) sono un uomo e una donna come potrebbe essere davvero chiunque di noi, e per questo – oltre che per la sconcertante bravura di entrambi gli attori – creano con noi empatia dall’inizio alla fine della storia.
E, se vorranno divenire eroi, anzi, se vorranno essere gli eroi del proprio bambino (come forse tutti i genitori dovrebbero aspirare ad essere) dovranno accettare la diversità di Jake, non necessariamente dandole una definizione, ma semplicemente non ostacolandola. Alex dovrà smettere di essere la matrigna, ma divenire la fata buona che con un colpo di bacchetta magica potrà trasformare la maschera di Halloween del proprio bambino da quella di un pirata a quella di Rapunzel. Perché Jake vuole vestirsi da Rapunzel. Perché Jake si nasconde quando porta i pantaloni, recita nella vita ed è se stesso quando gioca.
“Tutti vogliono la diversità”… ma è davvero così? In fondo, tutti conosciamo A Kid like Jake. Tutti conosciamo e abbiamo per amico almeno un gay ed una lesbica. E non si tratta affatto di persone tristi e musone, al contrario, mi è capitato di assistere al gay pride a Dublino, questa estate, ed era un tripudio di colori, di festa… di sorrisi, soprattutto. Sicuramente, in questa società lgbt un bambino si porrà molte più domande. Mi è capitato di ascoltare un bimbo che chiedeva al papà, mentre camminavano, se fosse più bello avere due mamme, due papà oppure una mamma e un papà. Non so cosa abbia risposto quel padre. Io credo che l’importante sia semplicemente essere amati… e sì, lo so che nel dirlo mi vedrete versione principessa Disney circondata da uccellini canterini e buone intenzioni, ma è qualcosa che penso veramente.
E credo nel profondo che la diversità sia accettata soltanto in apparenza ed in superficie in questa società e che la favola che ci rappresenti al meglio sia proprio quella più menzionata in questo film: La sirenetta, la favola di chiunque come Jake non ha voce in capitolo, per rivelare cosa prova o chi sia veramente, quando i tentacoli della non accettazione gli tolgono la capacità di esprimersi.
Toccante e vera la recitazione di Jim Parsons quando guarda con gli occhi lucidi suo figlio e rivede un problema che forse – chissà? – lui stesso potrebbe aver avuto nella sua vita personale (l’attore è omosessuale, ndr). Ma non solo chi è gay è come Jake. Anche chi conosce un Jake potrebbe essere come Jake. E, personalmente, io spero di conoscerne molti, di “ragazzi come Jake”.