A Man On The Inside recensione serie tv di Mike Schur con Ted Danson, Mary Elizabeth Ellis, Stephanie Beatriz e Lilah Richcreek Estrada
Michael Schur, già affermatosi come autore di culto grazie a sitcom come Brooklyn Nine-Nine, The Office e Parks and Recreation, con A Man on the Inside consolida il suo inconfondibile stile confezionando una commedia leggera, ma profondamente riflessiva, sulla complessità della condizione umana.
La nuova serie, composta da otto episodi, prende le mosse da una spy story per esplorare con ottimismo e delicatezza le sfide e le gioie dettate dall’invecchiamento. Tuttavia, nonostante la volontà di risultare accessibile a un pubblico ampio, A Man on the Inside riesce a non cadere mai nella facile trappola della condiscendenza. Il risultato è una delicata commedia che, come i residenti del Pacific View di San Francisco, si rivolge a una fascia di spettatori spesso trascurata dalla società.
A Man on the Inside parte in sordina ma cresce gradualmente, episodio dopo episodio, fino a conquistare lo spettatore con un finale che lascia il segno. Nel corso degli otto brevi capitoli, la serie trasforma una premessa di stampo poliziesco in un racconto che esplora con sensibilità le dimensioni più umane ed emotive dei suoi personaggi.
Al centro della storia c’è Charles, portato in scena con maestria da Ted Danson. Un professore in pensione che sembra aver perso la capacità e la voglia di lasciarsi sorprendere dalla vita. Dopo la morte della moglie, avvenuta un anno prima, si è rifugiato in una routine sterile, allontanandosi dalla figlia. Tutto cambia quando risponde a un insolito annuncio e viene ingaggiato da un investigatore privato per infiltrarsi in una casa di riposo di San Francisco e risolvere una misteriosa serie di furti, tra cui quello di un prezioso cimelio di famiglia.
Dopo alcuni colpi di scena e una serie di vicoli ciechi, il mistero si risolve senza grande enfasi, ma il suo vero scopo è un altro: approfondire i personaggi. Pur rimanendo una commedia non teme di avventurarsi in territori più agrodolci, affrontando con delicatezza argomenti come l’Alzheimer, l’isolamento familiare, la morte e la solitudine nella vecchiaia, temi che emergono attraverso le storie di molti dei suoi personaggi.
Schur intreccia il suo inconfondibile umanesimo che nei momenti migliori della serie riesce a commuovere per la sua semplicità. Senza mai rinunciare all’umorismo riesce a regalare momenti di straordinaria intensità.
Pur non raggiungendo le vette delle opere più acclamate di Michael Schur, A Man on the Inside riesce a offrire un ritratto autentico e privo di accondiscendenza di una generazione spesso ridotta a caricatura o relegata ai margini della narrativa contemporanea. Con umorismo e sensibilità, la serie riflette sulla vecchiaia, sulla solitudine e sulla perdita, affrontando il tema dell’invecchiamento con un equilibrio raro tra leggerezza e profondità.
Ciò che inizia come un’investigazione per smascherare il colpevole si trasforma in un viaggio di scoperta personale: il protagonista non solo stringe nuove amicizie, ma impara anche a lasciarsi guidare dalle proprie emozioni. Ed è proprio in questi momenti che emerge il meglio di A Man on the Inside: una straordinaria empatia verso la condizione umana, capace di toccare il cuore senza mai perdere il sorriso.
