A Real Pain recensione film di Jesse Eisenberg con Kieran Culkin, Jesse Eisenberg, Will Sharpe, Jennifer Grey, Kurt Egyiawan, Liza Sadovy e Daniel Oreskes [RoFF19]
A Real Pain è un film che prova a mescolare comicità e dolore, ma Jesse Eisenberg deve aver un po’ esagerato con le quantità. La trama è molto semplice: due cugini, Benji (Kieran Culkin) e David (Eisenberg), intraprendono un viaggio organizzato in Polonia per ripercorrere le radici familiari ebraiche, visitando i luoghi legati alla loro nonna sopravvissuta all’Olocausto.
L’inizio ricorda un road trip piuttosto classico, quasi una versione di Sideways di Alexander Payne, ma il modo in cui vengono trattati e gestiti i temi seri e i momenti comici non sempre funziona.
Non è detto che un film che racconta di un viaggio debba prendere curiose deviazioni dalle tappe previste per risultare originale, ma non tutti purtroppo sono in grado di sopperire la mancanza di spettacolarità con una scrittura brillante. Sebbene la chimica tra Eisenberg e Culkin funziona bene, il film non fa nulla per nascondere i suoi obiettivi emotivi, il che riduce la tensione narrativa rendendo le sequenze ordinaria amministrazione e prevedibili verso un redde rationem facilmente intuibile.
Eppure è nella sceneggiatura stessa che emerge il bisogno di andare oltre la superficialità della vita per scoprire il vero dolore, utilizzando il viaggio come un’occasione speciale per affrontare questioni irrisolte e fare il punto su sé stessi. Il regista lo annuncia, lo urla attraverso la versione cinematografica di Roman Roy ma non gli dà il seguito che meriterebbe sconfinando in un dolore più grande, l’Olocausto, che finisce quasi per risultare ingombrante, sia per i personaggi che per lo spettatore.
A Real Pain tenta di conciliare le varie difficoltà personali con uno degli eventi più topici e brutali della storia contemporanea, utilizzando la sagacia e la tenerezza. Alla luce degli eventi di cronaca che coinvolgono ancora una volta il popolo ebraico, il risultato apparirà brillante o disgustoso e, per una volta, non ci sono vie intermedie.