A un metro da te

A un metro da te recensione

A un metro da te recensione del film di Justin Baldoni con Cole Sprouse, Haley Lu Richardson, Moises Arias, Kimberly Hebert Gregory e Elena Satine

È possibile amare qualcuno che non si può toccare?

A Stella (Haley Lu Richardson) piace avere il controllo su tutto ma non può controllare i propri polmoni che l’hanno costretta a passare la maggior parte della sua vita in ospedale. Ha soprattutto bisogno di gestire ossessivamente il proprio spazio e allontanare ogni rischio di infezione che possa mettere in pericolo il trapianto di polmoni che aspetta da anni. Stella infatti ha la fibrosi cistica e ciascun malato del reparto, per ragioni di sicurezza, ha l’obbligo di rispettare la distanza l’uno dall’altro di almeno un metro e mezzo. Senza eccezioni di sorta.

Nel mondo di Stella irrompe però Will (Cole Sprouse) e i due adolescenti, in comune, all’inizio hanno soltanto la malattia. Lei è una combattente, comunica con il mondo raccontando le giornate trascorse in ospedale e pubblicando video su Youtube. Ama la sua famiglia e le sue amiche, seguendo alla lettera i trattamenti medici.

A un metro da te
Haley Lu Richardson in A un metro da te
A un metro da te
Haley Lu Richardson e Cole Sprouse

Will è esattamente l’opposto. È rassegnato al fatto che la morte lo attende e cerca soltanto di godersi ciò che resta della sua vita. Will ha smesso di lottare.
Fatalità però vuole che i due si innamorino, in quell’età in cui si pensa che tutto sia possibile ma, poiché non possono toccarsi, i ragazzi creano uno spazio tutto loro che svanisce ogniqualvolta che l’apprensiva infermiera gli ricorda la regola ferrea da rispettare.

Almeno un metro e mezzo tra di loro, un metro e mezzo dall’amore.

A un metro da te, tratto dall’omonimo romanzo di Mikki Daughtry e Tobias Iaconis, segue il solco tracciato da film come Colpa delle stelle (2014), Now is good (2012), Resta anche domani (2014), Noi siamo tutto (2017) e da altri ancora. Alcuni fatti bene, altri un po’ meno, ma tutti con un unico scopo: colpire lo spettatore.

A un metro da te
Cole Sprouse

Justin Baldoni, al suo esordio alla regia e noto ai più come attore e per aver partecipato in diverse serie tv, riesce qui a creare l’atmosfera desiderata, e forse va anche oltre.
Questa storia d’amore adolescenziale, in cui il senso di morte aleggia sempre, mette in evidenza l’importanza del contatto umano con coloro che amiamo.

Il film invita empaticamente lo spettatore a riflettere su di questo, che sembra spesso banale come respirare ma che per loro smette di essere un atto riflesso e naturale divenendo possibile soltanto con l’aiuto di respiratori artificiali. Proprio come ad ognuno di noi sembra scontato toccare la persona a cui vogliamo bene, ma riusciamo a capirlo solo quando ci è vietato.

A un metro da te
Haley Lu Richardson in A un metro da te

È una storia adatta soprattutto ad un pubblico giovane ma capace di far riflettere sulla caducità della vita anche coloro che sono obnubilati dalla quotidianità, in un mondo sempre più governato dalla praticità che dai sentimenti.

A un metro da te, anche se con un finale abbastanza prevedibile, regala momenti divertenti ed emotivi. Con Stella e Will comprendiamo che quando siamo costretti ad isolarci ed allontanarci è proprio in quel momento che abbiamo più bisogno del contatto fisico, come dell’aria che respiriamo per vivere.
Loro credono nell’amore e credono che possa sopravvivere anche alla “distanza”, ma l’attesa della morte rimane e colpisce, ed è sempre un colpo basso.

Gabriela

Sintesi

A un metro da te regala momenti divertenti ed emotivi e ci fa riflettere come, quando siamo costretti ad isolarci ed allontanarci, è proprio in quel momento che abbiamo più bisogno del contatto fisico, come dell’aria che respiriamo per vivere.

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