A white, white day – Segreti nella nebbia recensione film di Hlynur Pàlmason con Ingvar Sigurðsson e Ída Mekkín Hlynsdóttir
Vincitore della 37° edizione del Torino Film Festival, A white, white day – Segreti nella nebbia racconta la storia di Ingimundur (interpretato da Ingvar Sigurðsson, già visto in Katla) un capo della polizia in congedo che si trova a fare i conti con la perdita di sua moglie, morta in un incidente stradale. Ingimundur vive da solo in una casa desolata nelle campagne islandesi, passando il tempo tra piccoli lavori di ristrutturazione e la compagnia di sua nipote Salka (interpretata da una bravissima Ída Mekkín Hlynsdóttir).
L’uomo è tranquillo e silenzioso, ma quando un dettaglio inaspettato sul passato di sua moglie viene improvvisamente a galla, la sua apparente tranquillità viene destabilizzata.
Il paesaggio islandese vero protagonista
Il secondo lungometraggio del regista Hlynur Pàlmason si apre con una frase di un anonimo islandese secondo cui, quando terra e cielo sono indistintamente bianchi, i morti possono parlarci. Subito dopo, la prima immagine della pellicola: una macchina che percorre una strada costruita su una scogliera, dove a causa della nebbia il cielo e il mare si fondono, sembrando un tutt’uno. Il paesaggio nordico, spesso dall’atmosfera tetra, ha un ruolo fondamentale nel film, poiché in paesi come l’Islanda, la natura determina profondamente il carattere dei suoi abitanti. Non mancano quindi lunghe sequenze significative, in cui il protagonista è solo il paesaggio.
Lo diceva anche Björk in una famosa intervista, che in Islanda: “Non si va in chiesa o da uno psicoterapeuta, si fa una passeggiata per sentirsi meglio“. Lo stesso Ingimundur, che prova ad andare in terapia per elaborare il lutto, non riesce a capire il motivo per cui qualcuno dovrebbe andare in psicoanalisi, rispondendo vagamente alle domande rivoltegli durante le sessioni. E la sua reazione alla perdita della moglie non può che essere fortemente determinata dall’ambiente circostante. Dal tragico episodio, Ingimundur non ha infatti mai versato una lacrima e l’unico momento in cui cede occasionalmente alle emozioni è nel rapporto con la nipote Salka. Ma mentre nella riservatezza continua le sue giornate, dentro di sé cela una rabbia e un dolore che lo lacerano lentamente e che alla prima occasione lo faranno scoppiare come una bomba a orologeria.
A white, white day – Segreti nella nebbia è il racconto di un viaggio attraverso tutte le fasi del lutto: dalla negazione, la rabbia, l’elaborazione, la depressione, fino all’accettazione finale. Uno studio psicologico intimo del personaggio centrale e dell’ambiente duro in cui l’uomo vive. Proprio per questo motivo la trama deve evolversi lentamente con i dialoghi ridotti al minimo, ed in alcune sequenze è lo spettatore a dover dare voce ai sentimenti taciuti. Hlynor Pálmason offre una gelida esplorazione della fragilità umana, dell’amore e del suo potere di guarire, ben resa dagli occhi di ghiaccio e la fronte corrugata di Sigurðsson, vincitore del Rising Star Award alla Semaine de la Critique del Festival del Cinema di Cannes.
Come ci si aspetterebbe da una storia ambientata nel remoto entroterra del Nord Europa, il film ha un suo ritmo peculiare, quindi prendetevi il tempo necessario e mettetevi comodi.