ACAB – La serie recensione serie di Michele Alhaique con Marco Giallini, Adriano Giannini, Valentina Bellè e Pierluigi Gigante [Netflix]
di Giorgio Maria Aloi
ACAB – La Serie è una serie televisiva composta da sei episodi (con la durata che varia dai 40 ai 60 minuti), distribuita su Netflix. Diretta da Michele Alhaique e prodotta da Stefano Sollima, la serie è l’adattamento televisivo del libro ACAB – All Cops Are Bastards di Carlo Bonini, nonché il sequel dell’omonimo film diretto dallo stesso Sollima.
Durante gli scontri in Val di Susa contro gli attivisti NO TAV, l’ispettore Pietro Fura rimane gravemente ferito da una bomba carta. La sua squadra, guidata da Valenti (Marco Giallini), reagisce con violenza aggredendo in maniera feroce i manifestanti. Nel frattempo, dopo che uno dei manifestanti entra in coma, viene aperta un’indagine interna su quanto avvenuto durante gli scontri e viene inviato un procuratore da Torino per accertare le responsabilità.
La squadra reagisce all’indagine in maniera compatta negando ogni coinvolgimento, ma gli interrogatori e la pressione mettono a dura prova gli agenti ciascuno dei quali deve anche combattere con problemi personali extra lavorativi
Questa serie non è veramente un sequel e non aggiunge nulla alla trama del film diretto da Sollima, quindi può essere vista anche se non si ha ancora avuto modo di guardare il film uscito nel 2012. Però, ne conserva lo stile e l’atmosfera del predecessore e vengono proposte le stesse situazioni e le stesse tematiche già trattate in passato.
In più di un’occasione, il regista ha sempre voluto trattare la linea di confine che separa il bene e il male e di come questa viene spesso marcata dai protagonisti. Il suo scopo è piuttosto evidente, ovvero mostrare l’umanità e di far vedere che non esistono solo persone buone e persone cattive, ma anche una terza categoria: le persone grigie. Persone che compiono buone azioni, ma commettono errori come tutti e il motivo per cui agiscono può variare da persona a persona, ma restano pur sempre degli esseri umani. Inoltre, quanto può essere rischioso oltrepassare certi limiti e come questi possano portare a far crollare una persona o renderla incapace di tornare indietro (o facilmente raggiungibile da tali situazioni da cui si cerca di sfuggire).
Nonostante alla regia non ci sia Sollima e sia rimasto alla produzione, il suo tocco si sente comunque e sembra girato da lui stesso. I protagonisti cercano di fare la cosa giusta, ma dietro quella divisa ci sono sempre delle persone e commettono errori come tanti.
La serie esplora sia la linea di confine, spesso varcata, sia le vicende personali dei protagonisti, bilanciandole perfettamente senza superficialità e affrontando situazioni ricorrenti della quotidianità.
Il comparto tecnico, però, non è brillante e se la narrazione e gli spunti di riflessione che si ottengono sono interessanti e compensano i difetti tecnici evidenti, non si riesce ad ignorarli.
Il ritmo è piuttosto oscillante, c’è un sonoro quasi impercettibile e si fa fatica a sentire cos’abbiano detto i protagonisti, in alcune scene. Tuttavia, c’è una regia discreta, una fotografia cupa che rispecchia l’atmosfera circostante e una discreta recitazione in alcuni attori come Giallini e Giannini, anche se il basso sonoro non rende particolarmente giustizia alla loro capacità attoriale.