Acque profonde recensione film di Adrian Lyne con Ben Affleck, Ana de Armas, Tracy Letts, Rachel Blanchard, Dash Mihok, Lil Rel Howery e Jacob Elordi
La nostra famiglia è stata una tua scelta.
(Ana de Armas in Acque profonde)
È diventato quasi un frutto proibito Acque profonde – Deep Water, il film “segreto” di Ben Affleck e Ana de Armas, girato nel 2019 quando i due iniziarono a frequentarsi e ad amarsi pubblicamente tra romantiche storie di Instagram, quindi i reshoots a fine 2020 e la brusca separazione ad inizio 2021, con l’ormai celeberrimo cartonato a dimensione naturale di lei, regalato in tempi non sospetti a lui dai figli per il più goliardico e tragicomico dei doni, finito tra i cassonetti della spazzatura di fronte a casa Affleck.
Per tre lunghi anni la volontà di entrambi di nascondere la pellicola del disonore nel più profondo ed inaccessibile dei cassetti: lui ha ritrovato i favori della critica con Tornare a vincere, Il bar delle grandi speranze e The Last Duel, lei è ormai anni luce lontana dalla Knock Knock girl protagonista del soft porn dove insediava Keanu Reeves, messe finalmente in mostra anche le sue ben altre qualità come attrice brillante in interpretazioni dapprima sorprendenti – la sua Joi è tra gli elementi migliori e di maggior interesse di Blade Runner 2049 – poi sempre più pregevoli da Cena con delitto – Knives Out a Sergio, fino alla memorabile e deliziosa Bond Girl Paloma in No Time to Die.
Il livello di testosterone di un ingrifato, imbambolato e “cornuto” Vic Van Allen (Ben Affleck) eguaglia quello di sensualità e ninfomania di Melinda Van Allen (Ana de Armas), in un thrilleraccio erotico diretto dall’ottantunenne maestro del genere Adrian Lyne (9 settimane e 1/2, Attrazione fatale, Proposta indecente, Lolita, Unfaithful – L’amore infedele, ma anche Flashdance) che sembra catapultarci in una torbida seconda serata di Rete 4 Anni ’90, tra facili quanto esplicite premesse, inquadrature essenziali e fascino animale misto ad intrigo peccaminoso.
Sarà la nostalgia o il gusto perverso per il vintage, ma mentre Ana de Armas canta in italiano It’s Wonderful di Paolo Conte, mangia la mela del peccato e imbocca Ben Affleck, lo sguardo scandaloso di Adrian Lyne innalza la temperatura montando un incubo torbido che riesce a non perdere la sua carica narrativa mentre mostra i due partner che si sfidano tra noia, perversione e passione.
Se il contorno di personaggi e situazioni è alquanto mediocre tra party di miliardari annoiati, alcol a fiumi e amenità, e gli stessi Vic e Melinda sono tutt’altro che modelli accattivanti per cui empatizzare, a reggere la scena è il magnetismo che lega i due protagonisti, la cui alchimia è probabilmente amplificata dai trascorsi personali e le cui interpretazioni abbiamo trovato autentiche e affatto di maniera.
Acque profonde non vira verso il pruriginoso ma rimane abbastanza scorretto e cattivo, e, per quanto la sensibilità di ognuno sarà determinante nel giudizio e nell’interesse verso la relazione raccontata sullo schermo, potrebbero non mancare i brividi al pensiero di innamorarsi e desiderare una famiglia con una donna come Melinda, finendo con le proprie mani in un incubo che ci mostra come ribolle il cuore ferito di un uomo tradito, a sua volta colpevole di non riuscire a lasciare andare la donna che nel bene e nel male ama.
Tra incomprensioni e distanze emotive – lui algido, noioso e dai ritmi che sembrano scanditi dalle sue adorate chiocciole, lei passionale e piena di vita e voglia di fare, e che non esita a divertirsi con gli amici nella stanza accanto mentre lui lava le stoviglie – camere da letto separate e riconciliazioni, feticismi e frenate brusche laddove lo sguardo insinuante di Adrian Lyne sembra sussurrarci “vorrei, ma non posso” non osando alla fine più di tanto se non a parole – quantomeno nel montaggio finale, probabilmente influenzato in qualche modo dalla rottura della coppia – Acque profonde si dimostra fedele alla sua dichiarazione d’intenti portando in scena un seducente thriller erotico alla vecchia maniera, dove la curiosità sta negli occhi di chi guarda.