Dopo aver salvato la giovane e affascinante contessa Teresa di Vicenzo (detta Tracy) da un tentato suicidio seguito da un’aggressione, James Bond la reincontra più tardi nel casinò di un albergo. Dopo aver trascorso la notte assieme, la donna svanisce, e 007 viene sequestrato dagli uomini responsabili del precedente assalto. Il rapitore si rivela essere Marc-Ange Draco, capo dell’Unione Corsa (la seconda organizzazione criminale più attiva in Europa), nonché padre della contessa. L’uomo offre a James Bond la mano della figlia e una sostanziosa dote, ma l’agente è più interessato a qualcos’altro che Draco possiede: informazioni su Ernst Stavro Blofeld. Il Numero Uno di SPECTRE (la prima organizzazione criminale più attiva in Europa) si nasconde nelle Alpi Svizzere, ed ha invitato nel suo nascondiglio l’esperto di araldica Hilary Bray, con l’obiettivo di farsi riconoscere come legittimo Conte Balthazar di Bleuchamp. 007 prende il posto di Bray e si intrufola nella clinica allergologica che Blofeld ha fondato come copertura per le sue attività. Le pazienti sono dodici attraenti fanciulle, ma Bond capirà che Tracy ha fatto davvero breccia nel suo cuore.
Tempo di cambiamenti per James Bond: con l’abbandono di Sean Connery – ma con la ferma intenzione di non lasciar morire la loro gallina dalle uova d’oro -, Albert R. Broccoli e Harry Salzman si misero alla ricerca di un nuovo interprete per 007.
Roger Moore era disponibile, ma ritardi nella produzione lo portarono ad impegnarsi in una nuova stagione della sua serie TV, The Saint; un altro papabile, Timothy Dalton, ritenne di essere troppo giovane per il ruolo; venne avviata allora l’inevitabile mastodontica ricerca del nuovo volto di Bond, alla quale parteciparono più di quattrocento attori. Tra di loro, uno era fermamente deciso ad ottenere la parte: il meno-che-trentenne George Lazenby, modello australiano totalmente privo di esperienza cinematografica, conosciuto in Inghilterra principalmente per uno spot pubblicitario del cioccolato Cadbury, che cominciò a farsi vedere in giro vestito in completi cuciti nelle sartorie londinesi di Savile Row, accessoriato di orologio Rolex e acconciato alla maniera di Sean Connery. Incredibilmente, ottenne il ruolo. Fortunatamente, nel 1969 non c’era ancora Internet, e le rimostranze per il fatto che Bond non era interpretato da un attore britannico furono limitate.
On Her Majesty’s Secret Service – il primo romanzo pubblicato da Ian Fleming dopo il debutto della serie cinematografica – era già stato adocchiato come possibile successore di Goldfinger, poi soppiantato da Thunderball quando le vicende legali legate a quel titolo si erano concluse, e ancora come episodio successivo a Thunderball, poi messo da parte per la pausa concessa a Connery.
Il 1969 era finalmente l’anno giusto per poter dare il via libera ad Agente 007 – Al Servizio Segreto di Sua Maestà: il romanzo, che opponeva a James Bond un personaggio femminile più consistente delle solite girls usa-e-getta, offriva la possibilità di compensare la scarsa notorietà del suo protagonista scegliendo un’attrice di rilievo nel ruolo della Bond woman.
Dopo aver provato a coinvolgere Brigitte Bardot, i produttori cambiarono rotta, coinvolgendo Diana Rigg (oggi nota per il ruolo della scaltra matriarca Olenna Tyrell in Game of Thrones), diventata co-protagonista della serie tv The Avengers dopo che Honor Blackman l’aveva lasciata per interpretare Pussy Galore in Goldfinger. Volto notissimo, sex symbol e donna fiera e indipendente sia nella vita che sul set, Rigg era una scelta ideale per interpretare la donna che avrebbe fatto (quasi) dimenticare a James Bond le sue attitudini da tombeur de femmes.
Peter R. Hunt, che dopo anni trascorsi a dirigere l’editing dei film di 007 (e dopo l’incarico di responsabile della seconda unità per You Only Live Twice) era finalmente riuscito a farsi assegnare il ruolo di regista, cercò di fare della dipartita di Sean Connery il fulcro del suo approccio al film: se il protagonista cambiava, tanto valeva apportare altri cambiamenti alla ‘formula James Bond’.
Lo sceneggiatore tornò ad essere Richard Maibaum (con un contributo ai dialoghi dello scrittore britannico Simon Raven), ma gran parte dell’equipe venne rimodernata: Hunt promosse a direttore della fotografia Michael Reed (precedentemente addetto alla seconda unità), ed elesse a direttore della seconda unità e del montaggio il suo discepolo John Glen. Come production designer, richiamò Syd Cain, che aveva lavorato a From Russia With Love.
Proprio il secondo film della serie divenne il modello per la nuova pellicola, esteticamente ma anche narrativamente, con l’obiettivo di riporre più attenzione nella trama e nelle abilità di James Bond che nelle location e nei gadget. Si può anche riconoscere una struttura simile per quanto riguarda gli approcci, diciamo così, interpersonali di 007, con una Bond girl principale ma anche la possibilità per l’agente di divagare in rapporti occasionali. La Fräulein Irma Bunt (Ilse Steppat), nuovo arcigno braccio destro di Blofeld, ricordava parecchio il Colonnello Rosa Klebb.
Ernst Stavro Blofeld rimase calvo e dotato di gatto persiano, ma questi erano gli unici attributi rimasti dall’incarnazione di Donald Pleasance in You Only Live Twice: l’interpretazione del Numero Uno di SPECTRE resa da Telly Savalas (non ancora noto come Kojak) è meno sinistra, più socievole, vanitosa, imponente ed affascinante, caratteristiche che ne fanno un antagonista minaccioso in maniera diversa, molto più interessante come personaggio e più compatibile con il nuovo carattere dell’agente segreto.
Evidentemente Blofeld ha assunto un buon chirurgo plastico – forse stanco di essere riconosciuto per quella antiestetica cicatrice -, ma come giustifichiamo la nuova fisionomia di James Bond?
In questa fase, non c’è dubbio che 007 sia ancora la stessa persona dei film precedenti, e, a parte la battuta consapevole rivolta al pubblico in chiusura della sequenza iniziale (‘this never happened to the other fella’), i titoli di testa (che ripercorrono scene dei film precedenti) e la scena in cui Bond rivisita la sua carriera tramite i cimeli che tiene nel cassetto (la cintura con coltello di Honey Ryder, l’orologio strangolatore di Red Grant, il minirespiratore usato in Thunderball) servono a rimarcare la continuità tra il vecchio e il nuovo agente.
Potremmo quindi chiudere un occhio sul cambio di attore, se non fosse per la scena in cui Blofeld non riconosce 007, il cui volto dovrebbe essergli noto (almeno, da You Only Live Twice). L’unica spiegazione è che James Bond, che già aveva cercato di eclissarsi fingendosi morto nel film precedente, si sia sottoposto a sua volta ad un intervento di chirurgia per cambiare fattezze – nell’occasione, guadagnando anche una decina d’anni di giovinezza. A completare l’illusione, Connery e Lazenby sono simili per altezza e corporatura, tanto che la leggenda vuole che il famoso abito di Savile Row con il quale quest’ultimo ebbe la parte fosse stato originariamente tagliato su misura per il suo predecessore (e poi scartato).
La critica e la Storia non sono state clementi nei confronti di Lazenby, complice senz’altro il fatto che, firmato un contratto di sette film, si lasciò convincere dal suo agente del fatto che James Bond non avrebbe avuto spazio nella controcultura anni ’70, e abbandonò il personaggio dopo una sola pellicola.
Ma permettetemi un’opinione controcorrente, se non addirittura eretica: George Lazenby, privo di esperienza ma anche privo dell’atteggiamento perennemente compiaciuto di Sean Connery, lascia trasparire un’irrequietezza che lo rende pronto a scattare in azione (Lazenby sostiene di aver interpretato la maggior parte delle scene di combattimento, laddove ‘the other fella’ si limitava a prestare il viso nei primi piani e lasciava fare il resto alla controfigura). È anche più simpatico, più umano, più fragile: il volto giusto per affrontare un finale molto diverso da quelli dei film precedenti.
Per questo motivo, nonostante la seconda parte del film assomigli a uno spot per le Olimpiadi Invernali, On Her Majesty’s Secret Service è il mio nuovo film preferito di questa retrospettiva. E non è un caso che, per parecchi film a venire, sia stato evocato come il fulcro emotivo della serie.
Curiosità:
- Marc-Ange Draco è interpretato da Gabriele Ferzetti, che aveva partecipato l’anno precedente a C’era una volta il West. Come già Adolfo Celi prima di lui, Ferzetti venne ridoppiato (da David de Keyser) perché il suo accento era considerato troppo accentuato
- George Baker, che interpreta l’esperto di genealogia Hilary Bray, sosteneva di essere stato scelto dieci anni prima da Ian Fleming in persona come il candidato perfetto per interpretare James Bond. Nelle scene in cui Bond si spaccia per Hilary Bray, per meglio ingannare Blofeld si prodiga in un’imitazione della voce dell’esperto araldico: un’interpretazione perfetta… perché per l’occasione George Baker ridoppiò le battute di Lazenby (che non ne fu felicissimo)
- La scena che abbiamo criticato, nella quale Blofeld incontra Bond ma non lo riconosce, è presente anche nel romanzo di Ian Fleming: nei libri, questo è davvero il primo incontro faccia a faccia tra i due antagonisti, perché la pubblicazione di Al Servizio Segreto di Sua Maestà precedette quella di Si Vive Solo Due Volte
- Nel film veniamo a conoscenza delle origini scozzesi di Bond: poiché il romanzo fu il primo ad apparire dopo la realizzazione di Dr. No, questo particolare è considerato simbolico dell’approvazione di Fleming per l’interpretazione di Sean Connery, sulla cui scelta era stato inizialmente scettico. Il motto della casata dei Bond è ‘Orbis non sufficit’, ‘Il mondo non basta’: tornerà utile una trentina d’anni dopo…
- Nel multinazionale gruppo di donne ospiti della clinica, la ragazza inglese è Joanna Lumley, che diventerà notissima al pubblico inglese prima per The New Avengers (reboot anni ’70 di quella stessa serie che lanciò Honor Blackman e Diana Rigg), e poi per Absolutely Fabulous
- Lazenby, dopo il ‘gran rifiuto’, non esitò a rivisitare in chiave ironica il ruolo di 007: nel 1983 partecipò al film TV The Return of the Man from U.N.C.L.E., nella parte di un agente inglese che guida una Aston Martin DB5 targata ‘J.B.’; nel 1989 poi fu protagonista di un episodio di Alfred Hitchcock Presents intitolato Diamonds Aren’t Forever, nel ruolo della spia ‘James’
- Per qualche motivo, in una scena si vede un custode che fischietta il tema di Goldfinger
- In questo film c’è un personaggio chiamato Draco, e parte delle riprese è stata girata nella location svizzera di Grindelwald. Coincidenza?
Debriefing:
- vittime di Bond: 5
- altre vittime: 5, più una trentina nello scontro finale
- amoreggiamenti: 3 (Tracy, più due delle ragazze nella clinica)
- gadget: il dispositivo per scassinare casseforti, molto più grande di quello usato in You Only Live Twice, un po’ perché non è stato fornito da Q, un po’ perché funge anche da fotocopiatrice
- tempo trascorso nel Regno Unito: circa 11 minuti (durata totale: 2h 20)
- 🇬🇧 Brit Factor 🇬🇧: 47%
- Paesi visitati: Regno Unito, Svizzera, Portogallo
- the Love Boat: montagne e fienili, ma nessuna barca. Risultato parziale: Imbarcazioni: 4, Resto del mondo: 2
- Bond Track: il brano nei titoli di testa è solo strumentale, perché la produzione insisteva sul fatto che il titolo del brano e quello del film dovevano coincidere. John Barry, che già aveva dovuto fare i salti mortali per scrivere un testo che includesse la parola Thunderball, gettò la spugna, ma ci permettiamo di dire che la musica è sufficientemente intrigante da non far rimpiangere la mancanza di parole. On Her Majesty’s Secret Service ha, peraltro, un’altra canzone chiave: il tema di chiusura è la celeberrima We Have All the Time in the World, scritta da Barry con testo di Hal David (paroliere dei brani più noti di Burt Bacharach), ed interpretata dal leggendario Louis Armstrong. Una delle pochissime Bond Tracks in grado di emanciparsi dai film
- riconoscimenti: nonostante tutto, George Lazenby fu candidato al Golden Globe come Miglior Promessa Maschile (la concorrenza includeva Michael Douglas per Hail, Hero! e Jon Voight per Un uomo da marciapiede; quest’ultimo si aggiudicò il premio).
Classifica parziale:
- Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà / On Her Majesty’s Secret Service (1969)
- Agente 007 – Si vive solo due volte / You Only Live Twice (1967)
- A 007, dalla Russia con amore / From Russia With Love (1963)
- Agente 007 – Missione Goldfinger / Goldfinger (1964)
- Agente 007 – Licenza di uccidere / Dr. No (1962
- Agente 007 – Thunderball (Operazione Tuono) – Thunderball (1965)
James Bond Non Muore Mai ritornerà in Una cascata di diamanti.
Fonti: Wikipedia, lo spoiler special podcast di Empire, il libro Some Kind Of Hero* di Matthew Field e Ajay Chowdhury, IMDB, James Bond Wiki, MI-6 HQ. Il conteggio delle vittime è stato realizzato durante la visione del film e verificato con quello di All Outta Bubblegum. Il Brit Factor è un indice calcolato sulla base delle nazionalità delle persone coinvolte e sulle location del film, nella realtà e nella storia.
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