Mosso dalla sete di vendetta, James Bond salta da un continente all’altro alla ricerca di Blofeld. Dopo averlo rintracciato in Sud America, dove la sua nemesi ha acquisito una nuova fisionomia e si dedica ad una produzione in serie di suoi sosia, lo uccide: ‘Benvenuto all’Inferno!’.
Completata la vendetta personale, a 007 viene assegnata un’indagine sul contrabbando di diamanti: ad Amsterdam, dovrà sostituirsi al ‘corriere’ delle pietre preziose e scoprire quale sia la loro destinazione finale. In compagnia della criminale Tiffany Case, approderà a Las Vegas, città sotto il controllo del magnate eremita Willard Whyte, che domina sulla città dalla suite di uno dei suoi hotel.
Ma sulle tracce di Bond si trovano anche due spietati killer, Mr. Wint e Mr. Kidd.
Thunderball e You Only Live Twice avevano toccato solo fugacemente il suolo (o le acque) americane, e On Her Majesty’s Secret Service era totalmente ambientato in Europa; temendo forse che il pubblico USA si sentisse trascurato, Albert R. Broccoli ed Harry Saltzman cercarono una storia che avesse luogo principalmente negli Stati Uniti: Diamonds Are Forever, quarto romanzo di Ian Fleming con protagonista James Bond, era un candidato ideale.
Con un ciclo destinato a ripetersi molte volte nel futuro, ad un film ispirato a From Russia With Love ne sarebbe seguito uno che provava a replicare il successo di Goldfinger, e quando Peter R. Hunt, regista di On Her Majesty’s Secret Service non poté accettare l’incarico per via di altri impegni presi, la scelta ricadde naturalmente su Guy Hamilton, che aveva diretto il film dorato. Hamilton aveva finalmente ‘ricaricato le batterie creative’ ed era pronto per ri-affrontare la sfida di 007.
Il fulcro della storia passava dall’oro ai diamanti, e si narra che la sceneggiatura originale di Richard Maibaum arrivasse addirittura a rivelare la presenza di un fratello gemello di Auric Goldfinger (Diaman Goldfinger?), che Gert Fröbe avrebbe dovuto interpretare.
La trama venne cambiata, forse per pudore, forse perché davvero Albert R. Broccoli aveva fatto un sogno in cui immaginava che il suo amico Howard Hughes, il leggendario industriale e produttore che viveva da recluso in uno dei suoi hotel a Las Vegas, fosse stato rapito e sostituito da un impostore.
Con il ritorno di Blofeld e l’aggiunta di un personaggio ispirato a Hughes, la seconda stesura del copione venne affidata all’Americano Tom Mankiewicz (figlio di Joseph L. Mankiewicz, quadruplo Premio Oscar, per la sceneggiatura e regia di Lettera a tre mogli ed Eva contro Eva).
Dopo l’abbandono da parte di George Lazenby, la Eon Production avviò una nuova ricerca per un attore protagonista. Il prescelto, non nuovo a grandi produzioni, era l’Americano John Gavin (al secolo Juan Vincent Apablasa Jr.), che aveva interpretato Giulio Cesare nello Spartacus di Stanley Kubrick e Sam Loomis in Psycho, ed aveva dato prova di sé nel genere spionistico nel film Niente rose per OSS 117 – sesto episodio di una serie che aveva esordito prima di James Bond, nel 1956, ed il cui film precedente era stato sceneggiato nientemeno che dalla nostra vecchia conoscenza Terence Young.
Gavin firmò un contratto per due film… ma poi Sean Connery si dichiarò interessato a riprendere in mano la Walter PKK. Prima che cambiasse idea, Broccoli e Saltzman accettarono il milionario cachet richiesto dallo Scozzese e liquidarono il nuovo attore (elargendogli l’intero compenso previsto per il suo primo film, si dice). In favore di Sean Connery aggiungeremo che il ritrovato Bond devolvette il suo compenso per fondare lo Scottish International Education Trust, istituzione che elargiva fondi agli artisti scozzesi.
Il Bond ‘ricetta originale’ visse così una seconda volta, ma non senza conseguenze per il film: queste spese impreviste ridimensionarono il budget per gli effetti speciali, e con esso la conclusione della pellicola. Maibaum e Mankiewicz avevano immaginato un assalto di uomini rana ad una piattaforma petrolifera, seguito da Blofeld in fuga nel suo personale sottomarino e Bond alle sue calcagna in un pallone meteorologico, ed un gran finale in una miniera di sale.
La piattaforma rimase, il sottomarino rimase, ma l’inseguimento si ridusse ad un assalto molto più statico e una resa dei conti al limite del ridicolo.
Una delusione, accentuata da un Connery ampiamente sotto tono: appesantito, invecchiato ma soprattutto visibilmente distaccato, Sean interpreta James Bond senza un minimo di emozione, neppure quando viene rinchiuso in una bara e infilato in un forno crematorio acceso.
Diamonds Are Forever (il pubblico italiano ancora si sta domandando dove sia Una cascata di diamanti) è peraltro il film peggio recitato della serie. Per qualche motivo inspiegato, si decise di scritturare in ruoli chiave musicisti anziché attori professionisti: Willard Whyte è intepretato con eccessiva teatralità dal cantante country texano Jimmy Dean e il ruolo del killer Mr. Kidd venne affidato al bassista jazz Putter Smith, che non aveva alcuna esperienza recitativa; l’altro assassino, Mr. Wint, sarebbe dovuto essere intepretato dal cantautore Paul Williams (che più tardi vincerà un Oscar assieme a Barbra Streisand per Evergreen, il Miglior Brano Originale del film A Star is Born), ma quando Williams non si mise d’accordo con la produzione per il suo compenso, il ruolo passò al caratterista Bruce Glover (babbo di Crispin ‘George McFly’ Glover).
Jill St. John, prima Bond girl americana nei panni di Tiffany Case, era stata co-protagonista qualche anno prima di The Liquidator, film britannico basato sulle spy-story di John Gardner, e condito con colonna sonora cantata da Shirley Bassey, oltre che di un film tv intitolato The Spy Killers (chiaramente, grazie a 007, al cinema e in tv i tardi anni ’60 erano tutto un florilegio di agenti segreti).
Tiffany, che segue il modello ormai familiare di villain femminile che si converte alla giusta causa grazie alla spia che la amava, è la prima co-protagonista ad avere Bond tutto per sé per un intero film (non perché l’agente, post-matrimonio, sia cambiato: solo circostanze fortuite), e addirittura a sopravvivere per poterlo raccontare (la stessa fortuna non assistette l’altra ragazza, Plenty O’Toole, interpretata da Lana Wood, sorella minore della più nota Natalie).
Peccato che il ruolo si tramuti nel giro di sole due ore da scaltra e manipolatrice trafficante di diamanti a spalla comica in bikini.
Il nuovo volto di Blofeld è Charles Gray. Ci aspetteremmo che Bond si chieda come mai il suo nemico ha la stessa faccia del suo fugace alleato Henderson di You Only Live Twice, ma sono chiaramente domande che non ci dovremmo porre.
Totalmente diverso sia dallo sguardo inquietante di Donald Pleasence che dal minaccioso fascino di Telly Savalas, l’ex Numero Uno di SPECTRE (che qui non viene mai nominata) in questa incarnazione è un rigido businessman, che orchestra i suoi piani di dominio nucleare da una scrivania ed un telefono. Un cattivo piuttosto anonimo e dimenticabile, tranne forse per la scena in cui fugge in un taxi vestito da donna.
Fortunatamente ci sono antagonisti più interessanti: i pacati Mr. Kidd e Mr. Wint non hanno un grande spessore psicologico, non conosciamo le loro motivazioni e di fatto non siamo neppure convinti al 100% che siano al soldo di Blofeld, ma sono assassini incredibilmente minacciosi ed efficienti. Sono anche i primi personaggi omosessuali nel Bond Cinematic Universe: un aspetto che viene chiaramente mostrato ma che non influenza le loro azioni o la loro caratterizzazione.
Diamonds Are Forever ci riserva poi una seconda coppia di villain: le ginnaste Bambi e Thumper (Bambi e Tamburino nella versione italiana, interpretate da Lola Larson e Tina Parks) stravolgono le aspettative soggiogando fisicamente Bond, anche se purtroppo i loro superpoteri atletici svaniscono una volta finite in acqua, dove il maschio torna dominante.
Con il ritorno del ‘Bond originale’ ritroviamo lo 007 ‘che non deve chiedere mai’. Del film precedente, non sconfessato apertamente ma trattato come un segreto di cui vergognarsi, non resta molto: dei sentimenti che ‘the other fella’ può avere provato alla fine di On Her Majesty’s Secret Service, resta solo la sete di vendetta.
L’agente invece riprende subito i suoi modi da macho strangolando la prima donna che incontra con il top del suo stesso bikini (esponendo, peraltro, il primo seno nudo della storia della serie… sono gli anni ’70, e i tempi sono cambiati).
Per il resto, il tono torna più scherzoso: un cambio di direzione gradito a regista e protagonista ma che comincia già a virare verso l’autoparodia, come nell’imbarazzante sequenza dell’inseguimento del Modulo Lunare, per la quale il production designer Ken Adam ricevette precise istruzioni di rendere il mezzo di trasporto più grezzo e ridicolo possibile.
Cattiva recitazione, una trama monotona ed un finale raffazzonato: Agente 007 – Una cascata di diamanti è a questo punto della serie il film di Bond che ci è piaciuto di meno.
Con esso, diamo l’addio a Sir Sean Connery: l’attore scozzese tornerà inaspettatamente nei panni di 007 una volta ancora, negli anni ’80, in Never Say Never Again (Mai Dire Mai), ma il film, produttivamente apocrifo, non fa parte di questa nostra rassegna.
Chi ha seguito fin qui la nostra retrospettiva saprà che chi scrive non ama troppo questa versione di James Bond, per il suo atteggiamento freddo e monocorde, maschilista ed egoista, perennemente ammantato di un’aria di superiorità e compiaciuto delle sue battute a doppio senso.
Connery è stato il James Bond originale e resta lo 007 per antonomasia, il punto di riferimento per tutti gli agenti segreti cinematografici (ben al di là la serie di cui è protagonista), ma forse per lo spettatore moderno la sua caratterizzazione mostra segni di obsolescenza, tratti di un passato che era già nostalgico negli anni ’60 e che (fortunatamente) non riconosciamo nel mondo contemporaneo.
Curiosità:
- il Bond di Sean Connery rinasce in Giappone, laddove l’avevamo lasciato al termine di You Only Live Twice
- Una delle Acorns del cabarettista Shady Tree è interpretata da Valerie Perrine, che pochi anni dopo, nel 1975, verrà incoronata Miglior attrice a Cannes e candidata al premio Oscar per Lenny di Bob Fosse, e più tardi sarà la compagna di Lex Luthor nei primi due Superman.
- Marie, la donna strangolata con il suo stesso top, è interpretata da Denise Perrier, Miss Francia e Miss Mondo 1953
- I nomi di Lola Larson e Tina Parks, nonostante la loro apparizione memorabile nei ruoli di Bambi e Tamburino, non compaiono nei titoli di coda; Parks è peraltro il primo ruolo per una donna afroamericana in un film di 007
- A memoria, è anche il primo ed uno dei pochi film di 007 nel quale compaiono bambini
- Una cascata di diamanti inaugura il trend degli anni ’70 in cui Bond prima sconfigge il villain principale e poi, quando inizia a rilassarsi, deve vedersela con il suo aiutante
- La casa di Tiffany Case era in realtà l’abitazione di Kirk Douglas; nella stessa location, John Barry e Leslie Bricusse avevano scritto il testo del brano You Only Live Twice
- Norman Burton è il quarto attore ad interpretare Felix Leiter: la controparte americana di Bond questa volta delude, risultando statico e oppositivo, più un burocrate che un vero alleato per 007
Debriefing:
- vittime di Bond: 7 (inclusi due Blofeld, ma non quello vero)
- altre vittime: 7 (quasi tutte ad opera di Mr. Kidd e Mr. Wint), più 6 vittime collaterali del raggio della morte, più la solita trentina nello scontro finale
- amoreggiamenti: 1, Tiffany Case, the one and only (Plenty O’Toole si aggiudica solo un bacio)
- gadget: la trappola per dita, l’identificatore di impronte digitali di Tiffany (e il falsificatore di impronte digitali di Q), l’anello scassinatore di slot machine ancora di Q, la pistola spara-rampini à la Batman, il duplicatore vocale dei buoni e quello dei cattivi
- tempo trascorso nel Regno Unito: circa 6 minuti (durata totale: 2 ore)
- 🇬🇧 Brit Factor 🇬🇧: 31%
- Paesi visitati: Giappone, Egitto, Francia (forse), Sud America (forse), Regno Unito, Sud Africa (che appare come location ma senza la presenza di Bond), Paesi Bassi, Stati Uniti
- the Love Boat: il film si conclude su una nave da crociera. Risultato parziale: Imbarcazioni: 5, Resto del mondo: 2
- Bond Track: in tema con il ritorno alle atmosfere di Goldfinger, Diamonds Are Forever è cantata da Shirley Bassey. La musica è come sempre di John Barry, il testo è di Don Black, che già era stato paroliere di Thunderball. Bassey interpretò anche una versione italiana del brano, Vivo di Diamanti, con parole di Gianni Boncompagni. La canzone è un buon brano, che eleva la non eccelsa sequenza dei titoli di testa, realizzata da Maurice Binder con l’ausilio del gatto di Blofeld
- riconoscimenti: candidato all’Oscar per il Miglior Sonoro (a nome di Gordon K. McCallum, John W. Mitchell e Al Overton). Il vincitore fu comunque McCallum, assieme a David Hildyard, per il suo contributo a Fiddler on the Roof
Classifica parziale:
- Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà / On Her Majesty’s Secret Service (1969)
- Agente 007 – Si vive solo due volte / You Only Live Twice (1967)
- A 007, dalla Russia con amore / From Russia With Love (1963)
- Agente 007 – Missione Goldfinger / Goldfinger (1964)
- Agente 007 – Licenza di uccidere / Dr. No (1962
- Agente 007 – Thunderball (Operazione Tuono) – Thunderball (1965)
- Agente 007 – Una cascata di diamanti / Diamonds Are Forever (1971)
James Bond Non Muore Mai ritornerà in Vivi e Lascia Morire.
Fonti: Wikipedia, lo spoiler special podcast di Empire, il libro Some Kind Of Hero* di Matthew Field e Ajay Chowdhury, IMDB, James Bond Wiki, MI-6 HQ. Il conteggio delle vittime è stato realizzato durante la visione del film e verificato con quello di All Outta Bubblegum. Il Brit Factor è un indice calcolato sulla base delle nazionalità delle persone coinvolte e sulle location del film, nella realtà e nella storia.
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