Alice e il sindaco recensione del film di Nicolas Pariser con Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier, Nora Hamzawi, Léonie Simaga e Antoine Reinartz
La politica ha ancora bisogno degli intellettuali nella società di oggi? Sembra partire da questo spunto interessante Nicolas Pariser che, al suo secondo lungometraggio, con Alice e il sindaco prova ad aggiornare ai nostri tempi la lezione Rohmeriana e a strutturare un film basato prevalentemente sui dialoghi come forma di azione. Paul Théraneau, sindaco di Lione interpretato dal grande Fabrice Luchini, è da molto tempo a corto di idee. In un contesto in cui si assiste sempre più alla specializzazione della politica (con esperti di comunicazione, marketing, gestione crisi, etc.), il suo entourage decide di affiancargli Alice Heimann, una giovane e brillante filosofa che ha il compito principale di stimolare nuovamente la sua curiosità e immaginazione. Ma una nuova presa di coscienza può essere funzionale al mantenimento dello status quo?
Alice e il sindaco è a tutti gli effetti un film politico, come se ne vedono sempre meno. Un po’ perché la società sta cambiando radicalmente e il tema sembra essere passato in secondo piano, lasciando spazio alle questioni più prettamente sociali. Un po’ perché la mancanza di idee in questo ambito, spesso affogate nel populismo e in una logica da accumulo di voti, non spinge chi registra il cambiamento della società a sporcarsi le mani con un argomento che negli anni ’60 o ’70 aveva ben altro valore. Nicolas Pariser, non a caso, sceglie un’angolazione differente: crea un personaggio fittizio, ma molto vicino al reale, lo mette in un contesto in continua evoluzione come quello di Lione, e lo affianca a una giovane che non ha ancora capito quale sarà il suo futuro. Dall’incontro tra Alice e il sindaco si scatenano una serie di riflessioni sul ruolo della politica, sull’importanza del cambiamento e sulla necessità di mantenersi fedeli alle proprie idee.
Nella sua dimensione pubblica, Paul Théraneau è un personaggio che si trascina stancamente, un uomo che ha perso fiducia nei suoi ideali e che è entrato in una routine lavorativa che lo opprime. Alice riesce a ridargli lo smalto di un tempo ma anche a farlo riflettere e, di conseguenza, a incrinare quei rituali che sono essenziali per un agire politico in linea con i nostri tempi. Il regista fa emergere dai continui dialoghi una visione molto critica della nostra realtà, come se echeggiasse una crisi della democrazia in cui vince chi ha smesso di pensare. La forza del film sta proprio in questo côté, nel racconto di una società che sta perdendo i suoi valori attraverso un confronto che vive di una scrittura molto raffinata, solo raramente intellettualoide.
Alice e il sindaco trova i suoi momenti migliori quando sono in scena, da soli, Alice e il sindaco, quando si scambiano arguti punti di vista su politica, società, cultura e futuro. Fabrice Luchini e Anaïs Demoustier si confermano attori perfetti per la parte, molto abili nel dare vigore alle loro parole, nel formulare appunto dialoghi come azione. Il film, invece, perde un pochino di efficacia quando si sposta a rappresentare la vita privata di Alice e la sua incompiutezza. Forse più interessato al lato politico, Nicolas Pariser tende a lavorare di convenzionalità su questo aspetto, raccontando un personaggio che passa attraverso diversi amanti, che è in crisi perché non sa che cosa fare della sua vita, che non si sente affermato, ma rimanendo un pochino prigioniero della superficialità. Anche le figure di contorno risultano abbozzate, funzionali soltanto alla narrazione.
Per tutti questi motivi, Alice e il sindaco è un film che convince ma che non si può considerare memorabile. Un esempio di cinema francese che si mantiene fedele all’eredità politica e sociale della Nouvelle Vague ma che non ne raggiunge in toto la grandezza.
Sergio