American Horror Stories recensione serie TV di Ryan Murphy e Brad Falchuk con Sierra McCormick, Paris Jackson, Merrin Dungey, Matt Bomer, Selena Sloan, Ashley Martin Carter, Valerie Loo e Devyn LaBella
Ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk per FX, American Horror Stories è una serie antologica in sette episodi che debutterà a settembre su Disney+ Star. Recentemente, la serie è stata rinnovata anche per una seconda stagione.
Richiamando elementi e location dalle precedenti edizioni di American Horror Story – come la Murder House e la tuta maledetta del Rubber Man degli episodi 1 e 2 – la serie antologica si propone di trasportare nuovamente gli spettatori nel Ryan Murphy Universe, sebbene in maniera a volte confusionaria e poco incisiva.
I primi due episodi, Rubber (Wo)man: Part One & Two, vedono l’arrivo nella Murder House losangelina dell’adolescente Scarlett (Sierra McCormick) e dei suoi padri Michael (Matt Bomer) e Troy (Gavin Creel). La ragazza scopre immediatamente la tuta del Rubber Man e tra le prime vittime del suo odio c’è la dottoressa Andi Grant (Merrin Dungey), a cui i genitori di Scarlett si erano rivolti dopo aver scoperto i video sadomaso che la figlia guardava a loro insaputa. La Rubber Woman colpirà ancora dopo che un gruppo di ragazze (Ashley Martin Carter, Valerie Loo e Selena Sloan), capitanate da Maya (Paris Jackson), umilierà Scarlett svelando in diretta streaming i suoi desideri più nascosti. Nella seconda parte, tra i fantasmi che infestano la casa c’è Ruby McDaniel (Kaia Gerber), invaghitasi di Scarlett e decisa a proteggerla dalla vendetta di Maya e delle altre ragazze da lei uccise. Quando anche Michael e Troy scopriranno la verità sulla casa infestata e sugli omicidi commessi dalla figlia, l’intervento della Rubber Woman si riterrà nuovamente necessario…
Al di là di inquadrature oblique, rumori sinistri e riferimenti alle più note e fortunate American Horror Story, i primi due episodi della serie antologica si rivelano poco accattivanti, complice una regia estremamente classica e poco innovativa e un climax di tensione poco efficace e mal gestito, che fa arrivare il momento gore più estremo solo negli ultimi minuti della prima puntata. Più interessanti, invece, gli spunti relativi alla percezione dei propri desideri come qualcosa di anormale e che necessita di una cura e della vergogna a cui si va incontro quando chi ti sta accanto sembra non accettare le tue fantasie, bollandole come perversione. Purtroppo, nonostante un cast di ottimi nomi, alcuni dei quali vecchi collaboratori di Murphy, le prime due puntate non riescono ad accendere l’interesse.
La situazione migliora decisamente con l’episodio 3, Drive In, diretto da Eduardo Sanchez, in cui la coppia di adolescenti Kelley (Madison Bailey) e Chad (Rhenzy Feliz) affronta alti e bassi della loro relazione mentre l’intera città cade preda di una follia omicida in seguito alla visione di un film maledetto, Rabbit Rabbit, colpevole di aver provocato una strage nel 1986 e per questo ritirato dalla circolazione. Le uniche copie sembrano essere in possesso del suo regista, Larry Bitterman (John Carroll Lynch). Nonostante l’avvertimento di una sopravvissuta alla strage dell’86, Rabid Ruth (Naomi Grossman), il film viene trasmesso al Drive In e provoca un massacro. L’unico modo per fermare tutto è che Kelley e Chad riescano a trovare le ultime copie esistenti e distruggerle. Ci riusciranno?
Drive In è un piccolo gioiellino di citazioni e situazioni cinefile, dai numerosi film e registi che vengono menzionati, all’ambientazione stessa dell’episodio, con altrettanti richiami a più celebri pellicole. Inoltre, Murphy con questa storia in qualche modo denuncia la situazione di degrado in cui versano molti drive in e cinema statunitensi, totalmente schiacciati dai grandi colossi dello streaming ( situazione ben evidente nel finale dell’episodio…). Col personaggio di Larry Bitterman, invece, troviamo il leitmotiv dell’autore geniale che vede la sua opera bistrattata e umiliata e che desidera che tutti ne possano godere. E, soprattutto, emerge chiaramente che solo all’interno delle proprie creazioni si ha il pieno controllo di ogni cosa e quel potere è inebriante e, se non controllato, estremamente pericoloso.
American Horror Stories appare una serie che non ha ancora preso una direzione ben precisa, a tratti caotica, ma che regala piccoli episodi interessanti da visionare. La perfetta serie tv per rinfrescare in queste calde serate estive, un guilty pleasure per chi ama l’horror e il Ryan Murphy Universe.