Amsterdam recensione film di David O. Russell con Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Anya Taylor-Joy, Robert De Niro, Rami Malek, Zoe Saldana e Chris Rock
Osservate il modo di inquadrare una storia con tutta l’imponente costruzione cinematografica montata in post-produzione da Christopher Nolan. Decostruitelo togliendo gli effetti speciali. Strappate dalle mani di Quentin Tarantino C’era una volta a…Hollywood e fate interpretare il ruolo da protagonista alla bellissima Margot Robbie in un racconto ambientato negli anni ’30. Utilizzate le inquadrature tarantiniane tanto efficaci da dirigere un’indagine di omicidio con venature nazifasciste. E, dato che ci siamo, riunite un cast stellare con qualche nome illustre che ritorna sul grande schermo per recitare in un giallo storico con sentori da commedia umoristica.
Et voilà: avete davanti Amsterdam, il nuovo film scritto e diretto da David O. Russell.
Tantissime stelle luminose che potevano brillare nel celestiale firmamento del cinema contemporaneo. Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Anya Taylor-Joy, Robert De Niro, Rami Malek, Chris Rock sono solo alcuni dei grandi attori che suscitano invidia ai più grandi registi di tutti i tempi ‒ compare anche, a sorpresa, Taylor Swift nei panni della pavida Liz Meekins. Un cast da brivido che non tocca il cielo nemmeno con un dito.
Amsterdam ‒ e si sente ripetuto spesso in diversi frame il titolo del nuovo film di David O. Russell ‒ è una storia di amicizia e di amore che lega il dottore Burt Berendsen (Christian Bale), l’avvocato Harold Woodman (John David Washington) e l’infermiera Valerie Voze (Margot Robbie) che si ritrovano coinvolti in un caso di omicidio ambientato in un’atmosfera da Old Hollywood.
Il regista premio Oscar David O. Russell omaggia la tecnica cinematografica del primo e ultimo Tarantino con Trunk shot e inquadrature fetish (ri)prese da Le iene e Once Upon a Time in Hollywood che invadono Amsterdam con uno sguardo particolare sulla bellezza disarmante di Margot Robbie che unisce due modus operandi di fare cinema tanto opposti quanto simili per certi versi.
In questo senso, Amsterdam erige la sua gloria cinefila su una sceneggiatura lunga, corposa, scritta una parola dopo l’altra che non trascina nessuna azione in tutto il suo sviluppo. E sembra che utilizzi l’escamotage nolaniano di raccontare una storia dietro una monumentale costruzione filmica combinandola con dialoghi sopra le righe alla maniera pulp tarantiniana. Ne esce un sermone che non ha nulla di tutto questo. Amsterdam è un film che vuole emulare due dei best del cinema odierno, adoperando un lungo minutaggio ‒ a tratti eccessivo che volentieri avrebbe potuto essere rifinito ‒ un’ambientazione vista e rivista a imitatio di un dramedy già ampiamente celebre e la cinepresa che indugia su primi piani feticisti, tratto caratteristico utilizzato dal regista DJ.
Dimenticate Il lato positivo e American Hustle. Lasciate spazio al prolisso Amsterdam in cui tutto procede lentamente, tra terribili complotti e scoperte allucinatorie architettati dalle menti più diaboliche della terra. Incastrati nelle mille parole che uccidono il ridondante climax finale. E se sono serviti 134 minuti per carpire il reale messaggio di fondo, David O. Russell si è rivelato il regista che ha preso un pesante abbaglio mentre cercava di trovare il giusto mix tra tecniche cinematografiche diverse. Il risultato è stato una soporifera pellicola che ha sprecato il grande talento di tutti i suoi attori.