Annabelle 3: recensione del film di Guy Dauberman con Vera Farmiga, Patrick Wilson, McKenna Grace, Madison Iseman e Katie Sarife
Cosa succede quando il luogo sicuro per antonomasia si trasforma in una prigione infernale pervasa dal male? L’istinto di sopravvivenza probabilmente suggerirebbe di scappare via a gambe levate il più velocemente possibile, ma l’oscurità può avere diversi metodi per stordirti e immobilizzarti.
Il nuovo capitolo della serie di film con al centro la bambola malefica dell’universo The Conjuring prova sparigliare un po’ le carte in un franchise alla costante ricerca di costruire una narrazione in cui il feticcio giocattolo non diventi soltanto un pretesto forzato. Per questo motivo i coniugi Warren, interpretati sempre da Patrick Wilson e Vera Farmiga, contribuiscono soltanto alla creazione dell’arena setting nella parte iniziale del film per poi lasciare totalmente campo alle nuove leve alle prese con il nemico di sempre.
Il trio composto da Judy (McKenna Grace), Mary Ellen (Madison Iseman) e Daniela (Katie Sarife) è l’occasione per aggiungere una serie di sfumature intimiste e autoriali a quello che in teoria dovrebbe essere un film horror. Sì, perché sicuramente ci sono spiriti maligni, accompagnati dalla consueta dose di lacrime, urla e rumori assordanti, ma è anche vero che c’è una componente umana che sembra avere più peso rispetto al resto.
E’ interessante infatti che proprio Daniela incarni il fascino che il male può esercitare su qualcuno, in particolare se si è alle prese con un momento difficile della propria vita. La sofferenza e il desiderio dell’uomo diventano la benzina che rianima e riempie di energie nuove i manufatti dormienti del sancta sanctorum di casa Warren. Se il paranormale esiste da sempre nella finzione cinematografica, in questo caso ci viene trasmesso nemmeno troppo velatamente il concetto che è il “normale” ad alimentarlo con le sue amarezze e le sue incongruenze.
Il merito, probabilmente, è del regista e sceneggiatore Gary Dauberman che ha seguito nel tempo la storia della bambola di Annabelle e le sue evoluzioni, intuendo che per creare un nuovo capitolo credibile bisognava rispettare da un lato le regole dell’horror – e dei suoi diversi sottogeneri, uno su tutti il trap movie – ma dall’altro dosarlo attentamente con le caratteristiche di un film thriller. Funziona in questo senso un ricorso diffuso all’anticlimax per frustare e giocare con le aspettative dello spettatore. Poi poco importa se sì è conoscitori della saga o meno, le apparizioni della Llorona, Hellbound e del Traghettatore sono credibili in ogni caso.
Forse chi si aspettava un horror tout court potrebbe rimanere deluso, ma la strada intrapresa da James Wan e Dauberman è un tentativo di non rimanere prigionieri del franchise, ripartendo da un luogo suggestivo e affascinante come la stanza dei manufatti per indagare maggiormente gli effetti del paranormale sull’essere umano.